domenica 22 dicembre 2013

“ Storia di un eroe di cui nessuno parlerà “


La rubrica “ Riflettendo “ affronta una vasta gamma di argomenti attuali e non . Nasce con il semplice scopo di offrire degli spunti di riflessione.

Claudio è un ragazzo come altri. Ogni giorno lotta per raggiungere i suoi obiettivi; trae piacere dalle soddisfazioni quotidiane e dai piccoli dettagli che rendono la sua giornata, a suo modo, speciale.
“ Storia di un eroe di cui nessuno parlerà “


Mi chiamo Claudio, studio lettere e nel tempo libero lavoro per pagarmi gli studi. Si, lo so, lo so. Me l’avranno ripetuto un sacco di volte: è una laurea che, oggigiorno, non porta da nessuna parte. Ma da quando , di questi tempi , ce n’è una che ti dà la sicurezza di portarti realmente a qualcosa? Ho sempre creduto di dover fare quello che mi piace e non ho avuto esitazioni quando mi è stato chiesto di prendere una decisione. Non ho trovato i miei genitori d'accordo con me. Avrebbero voluto studiassi economia e commercio per lavorare al seguito di mio padre, nel suo studio. Non mi sono mai andati a genio, i commercialisti. Per questo motivo sono costretto a pagarmi gli studi da me, ma questo ha i suoi lati positivi. Mi ha dato lo stimolo per cercarmi un lavoro e ottenere una mia indipendenza.

Da piccolo quando gli altri scendevano in cortile a giocare o guardavano la TV, io, me ne stavo in camera a leggere. Non leggevo solo libri: fumetti, riviste, indicazioni sull'etichetta dei prodotti alimentari; qualsiasi cosa mi potesse incuriosire. La lettura mi ha sempre ispirato, la mia via d’uscita dal mondo e da quello che mi circonda. La mia fuga dalla realtà.

 Ogni giorno mi alzo e raggiungo a piedi la stazione, dove prendo il treno per l’università. Se tutto è nella norma, il treno fa ritardo. Poi, il caso vuole che arrivi, stracolmo di gente.  Quando sono fortunato, sono costretto ad assorbirmi discorsi poco interessanti di ragazzi, che non vedono l’ora di far sapere del loro week-end avventuroso agli amici e parlano gridando- metto le cuffie così da non sentirli. C’è gente che ha problemi con l’igiene ed emana un odore sgradevole. Qui le cuffie non mi sono d’aiuto. Mi appoggio alla porta del vagone alla ricerca di una posizione comoda. Vi state chiedendo perché non mi sieda? Vi rispondo che, se avete visto posti liberi su un treno, siete


davvero fortunati.
 
Una volta arrivato devo fare due passi per raggiungere la facoltà. Di tutta la giornata è uno dei momenti che più amo. La gente nei bar, l’odore del caffè, il traffico, il via vai frettoloso delle persone. Mi diverto a fantasticare sui loro pensieri. Lasciandomi trasportare dall'immaginazione osservo i loro volti e riesco a percepire le loro sensazioni. Ce ne sono di tristi, di spensierati, di ansiosi.
Riesco ad arrivare in orario a lezione, salvo imprevisti.

In aula, spesso e volentieri, sono presenti alunni che non frequentano lettere e vengono per conversare come se fossero a un bar con gli amici. Poi ci sono quelli che frequentano lettere, ma vengono per lo stesso motivo dei precedenti. Il restante, non è veramente interessato alla lezione e si presenta solo per riempire la giornata, per dare un significato alla loro iscrizione o più semplicemente per mostrare che seguono, salvo rare eccezioni. Il professore si limita a spiegare senza entusiasmo. La sua somiglia tanto a quelle voci registrate che rispondono quando chiami per sapere il credito. Lo vedi dal suo volto stanco e rassegnato, dal suo modo di fare superficiale e meccanico. Ci sono giorni in cui entra carico e lo vedi che è lì volenteroso di insegnare, ma subito dopo aver dato un occhiata all’aula, si avvilisce. Ma non voglio scaricare tutta la colpa su di loro. Avete mai avuto la sensazione di non essere ascoltati quando state parlando? O, peggio, di notare che vi stanno ascoltando per finta? Diciamocelo … non è per niente una bella cosa. Meglio parlare da soli di fronte ad uno specchio, lì dentro dovrebbe esserci qualcuno ad ascoltarci.

Finita la lezione, esco e aspetto. Chi aspetto ? Mi piace una ragazza dall’aria semplice e dagli occhi di un blu sincero.


La nostra storia va avanti da due anni, ormai. Ci vediamo ogni giorno dal lunedì al giovedì all’ora di pranzo. La sua facoltà è di fronte la mia e il caso vuole che possiamo incrociarci al termine della lezione, seppur per pochi attimi. Non le ho mai rivolto la parola ma lo farò presto. Avrei tante cose da dirle. Ho pensato che tra tutti i libri che ho letto qualche frase a effetto che possa fare al caso mio, alla fine, possa trovarla . E’ il coraggio che mi manca, ma ci sto lavorando e presto le chiederò di uscire. Si chiama Lucia. Un giorno di novembre, la fortuna è stata dalla mia parte. Sono riuscito a sentire una sua amica che la chiamava dall’altro lato della strada, alzando la voce per farsi sentire. Per me è stato un bel giorno, uno di quelli che vale la pena segnare sull’agenda personale, tra i ricordi di cui prendiamo nota , perché non si sa mai, la mente ci può sempre giocare un brutto scherzo e farci dimenticare alcuni eventi importanti della nostra vita .

 Una volta che la vedo allontanarsi e sparire dietro l’angolo, torno in me e mi prometto di andarle a parlare il giorno seguente . Sono uno sfigato, vero ? Poco importa . Quando ci riuscirò mi ricorderò di tutti i giorni che sono stato fuori ad aspettarla e a raccogliere il coraggio per potermi avvicinare. Quel giorno sarà, per questo motivo, ancora più speciale.

Per pagarmi gli studi lavoro presso un call center . Facendo il turno la sera riesco a far conciliare lo studio e il lavoro . E’ faticoso, ma indispensabile . Quando sono in difficoltà, per un esame, mi assento a lavoro. A dire il vero non mi pesa stare sui libri. Solo, a volte, mi vien voglia di sdraiarmi, su un prato, a guardare il cielo e a non pensare a niente. La sera arrivo a casa distrutto, ma non mi interessa.

E’ sabato e finalmente posso concedermi un pausa da tutto. Mi vedo con i miei amici. Sono dei tipi in gamba; studiano anche loro, ma non sono soliti riempirsi di paranoie come faccio io. Riesco ad essere spensierato. Riesco a liberarmi di tutti quei pensieri negativi e tristi che spesso mi assalgono nei momenti duri e noiosi. Per me sono fondamentali, gli amici. Ci riuniamo, di solito a casa di qualcuno o in un locale a noi congeniale, e stiamo insieme. Parliamo di tutto e non parliamo di niente, raccontiamo la settimana appena trascorsa, discutiamo dell’ultimo libro del nostro autore preferito (ognuno ne ha uno ) e ci lasciamo andare a commenti inopportuni su come sarebbe stata la nostra vita, se avessimo fatto scelte diverse. A volte invidio un po’ chi non ci pensa, chi non si preoccupa del suo futuro e chi non fa niente per cambiare le cose; poi, per fortuna, mi passa.

Poi ,finita la settimana, si ricomincia e giorno per giorno combatto per raggiungere i miei obiettivi, per avere qualcosa per cui lottare. Dopo un po’ di tempo, i miei genitori si sono convinti ( forse rassegnati ) e mi sostengono gli studi – certo, mio padre, non l’ha presa bene-  ma poco importa. Incredibili persone, i genitori. A volte, mi chiedo se riuscirei ad avere la loro stessa generosità, la loro capacità di mettere da parte l’orgoglio. Qualsiasi cosa questo comporti per loro. Sono fortunato ad averli, sono fortunato ad avere chi si occupa di me. Non ho lasciato il lavoro. I soldi che guadagno li spendo per me: libri e viaggi, anzitutto.


 Mi chiamo Claudio e come me ce ne sono tanti altri . Non mi sono mai piaciute le persone che si lamentano e non fanno niente per cambiare le cose. Mi faccio in quattro dalla mattina alla sera per inseguire i miei sogni; non so cosa ha in serbo per me il futuro, ma di una cosa sono certo: ho due braccia, due gambe, nessuna infermità fisica o mentale e ho la possibilità di scegliere cosa fare.

L'attore Luca Marinelli in una scena del film
" Tutti i santi giorni "



Questo mi basta a farmi sentire una delle persone più fortunate del mondo.



Della rubrica leggi anche:


Inadatta: la storia di una baby-squillo

Friends: la storia di alcuni amici che si ritrovano

Porto fuori il cane: la storia di un tradimento

domenica 8 dicembre 2013

“ Porto fuori il Cane “

La rubrica “ Storie di Straordinaria Quotidianità “ contiene racconti inventati ispirati alla gente comune e alla vita di tutti i giorni.


<< Giulio vive con la fidanzata Carla da un po' di anni . Da qualche notte si sveglia e esce di casa alla stessa ora con la scusa di dover portare fuori il cane . Ma dove andrà ? >> 


“ Porto fuori il Cane “

Giulio si alzò di scatto dal letto. Si recò in cucina a bere un po’ d’acqua e si accese una sigaretta- la solita. Erano le due di notte passate da un quarto d’ora ormai. Poi tornò in camera da letto e trovò Carla, la sua fidanzata, sveglia . << Ma che diamine stai facendo ?!?! >> domandò lei con fare scocciato infastidita per essere stata scossa nel cuore della notte . << Porto fuori il cane >> rispose Giulio mentre si affrettava a prendere le ultime cose per uscire . << A quest’ora ? tu sei completamente pazzo >> continuò Carla che quasi come fosse in un sogno non diede importanza a quello che stava accadendo e sprofondò, nuovamente, tra le braccia di Morfeo.
Giulio raggiunse in fretta la piazza vicina casa. Era lì che si recava ogni notte. Era piuttosto grande. Aveva alberi sparsi un po’ dappertutto e una statua, raffigurante un personaggio storico, al centro, logorata dal tempo e resa irriconoscibile dagli spruzzi di spray più inutili che belli. Pensò a quanto fosse straordinario vedere quanta gente esce a quell’ora della notte e vaga per la città senza un vero motivo o, almeno, apparentemente. Devono avere tutti qualcosa in comune. Minuziosamente provò, a stilare nella sua testa, un elenco immaginario delle persone presenti. C’era chi stava seduto ore e ore a fumare con lo sguardo fisso nel vuoto come se riuscisse a non pensare a niente, a svuotare la loro mente da qualsiasi preoccupazione o pensiero che possa rovinare quel momento di riposo a cui non a tutti è concesso. C’era chi tornava da lavoro e non vedeva l’ora di raggiungere casa per dormire quando tutti quanti si alzeranno. Poi c'era chi come Giulio aveva un pallino fisso. Sapeva benissimo il motivo della sua presenza- lì, quella notte. Trasformare un evento casuale in una questione di particolare rilevanza senza la quale non si riuscirebbe ad affrontare la giornata successiva. Erano già un bel po’ di notti che si svegliava e usciva per andare in piazza a quell’ora. Un anziano signore attirò la sua attenzione << Ehi giovanotto
>> e ancora << Giovane sveglia ! sto parlando con te ! >> Giulio ebbe un sobbalzo e rispose << Si... si, mi dica >>.
<< Che cosa ci fai seduto sul marciapiede quando ci sono tante panchine qui attorno ? >>
<< Beh
per lo stesso motivo per cui sono per strada a quest’ora della notte >> rispose Giulio quasi inconsciamente come se si fosse per un attimo addormentato e successivamente svegliato per le parole del vecchio . << E quale sarebbe il motivo che ti tiene sveglio a quest’ora ? >> continuò l’anziano signore. Allora Giulio, ripresa la lucidità, rispose << Non sono tenuto a dare spiegazioni a nessuno . Piuttosto lei? Alla sua età non dovrebbe essere a letto? Che cosa fa ancora in piedi ? >>
<< Potrei risponderti con la stessa insolenza con cui siete abituati a trattare, voi giovani prepotenti, le persone anziane come me ma questo non mi farebbe fare la figura del signore . Vengo qua a quest’ora perché sono curioso di sapere il motivo che spinge la gente a venire qua ogni notte. Sembrano tutti così tristi. Le persone non dovrebbero essere tristi, anche se hanno dei buoni motivi per esserlo >>
<< Guardi io non sono triste. O meglio, non sono qui per un motivo che mi rende triste >>
<< Insomma, sei triste perché non riesci ad ottenere il motivo che non ti rende triste >>
<< Ma mi prende in giro ? senta mi lasci in pace per cortesia ! >> . Il vecchio si girò dall’altro lato e sorridendo, con l’aria di chi avesse vinto una scommessa che davano tutti per persa, disse tra sé e sé << Ah povero ragazzo
io alla sua età ero molto più giovane di lui >> .
Giulio si alz
ò e si andò a sedere alla panchina allestremità della piazza. Era un buon posto per osservare tutto ciò che la notte offriva. Sembrava come se percepisse i pensieri delle persone che vagavano, come se si fossero persi, apparentemente senza una meta precisa. Distingueva chi si era alzato per andare a lavorare. Trovò curioso ma allo stesso tempo malinconico doversi svegliare a quell’ora, fare colazione quando tutti gli altri sognano e tornare a casa per pranzo come se nulla fosse accaduto. Entrava in una specie di trance dove quello che vedeva e quello che pensava si univano formando un connubio perfetto che apriva le porte ad un mondo a cui solo lui poteva accedere .
Poi sentì una voce celestiale accarezzargli l’udito. Rabbrividì senza aver alcun motivo e gli sembrò un’eternità quel secondo in cui solo alla fine capì quello che stesse accadendo. Era lei .
<< Scusa, mi faresti accendere per cortesia ? >>.
La ragion per cui ogni notte, da un po’ di tempo a questa parte, Giulio si recava in piazza per poterla vedere. Il suo non era un desiderio carnale, nonostante lei gli piacesse molto. Amava fortemente Carla, la sua ragazza, e non l’avrebbe mai tradita. Voleva solamente poter osservare quella ragazza che portava il cane a spasso nel cuore della notte. In quei momenti lui non esisteva, era il suo modo per estraniarsi, poterla vedere ogni notte gli dava quello stimolo in più per affrontare la giornata seguente e non ne sapeva il motivo; non si era nemmeno posto il quesito. Si era ripromesso di attaccare bottone solo per sapere il suo nome. Nulla più- un nome reale da dare alle sue fantasie.  Capelli neri e occhi della stessa tonalità profonda quasi surreale ad incorniciare un viso che sembrava avere tutto al proprio posto . Indossava dei semplici jeans e delle comode scarpe e una camicia bianca sotto un giubbotto di pelle nero. Come ogni notte portava a spasso il cane, un pastore maremmano dal pelo bianchissimo. Giulio cominciò a sudare, nonostante il freddo che si posava sui suoi capelli elettrizzati. Sentì un vuoto nello stomaco seguito da un lieve e vertiginoso fastidio- come se tante api si fossero sbizzarrite vedendosi attaccato l’alveare. Tutta la sua sicurezza andò perduta. Ebbe la sensazione di smarrimento che hanno tutti quei personaggi nei film, che lui aveva trovato spesso banali e insignificanti, quando sprecano del tempo ad avere un contatto con la persona che desiderano più di tutte e quando hanno la loro occasione, perdono ogni capacità di intendere e di volere. Quasi automaticamente prese l’accendino dalla tasca e glielo porse. Nessuna parola. Non un semplice suono. Nulla che uscisse dalla sua bocca, era bloccato. Così un gesto semplice, quale chiedere come si chiamasse, diventava più complicato quasi impossibile. Continuava a fissarla con gli occhi sbarrati di chi ha appena avuto una visione di qualcosa di surreale che esiste solo nel suo immaginario. Lei con una sfacciata semplicità si accese la sigaretta, ringraziò e si rivolse al suo cane facendogli segno di seguirla.
Giulio rimase immobile per qualche minuto mentre la osservava allontanarsi. Lei aveva questo modo di camminare particolare con quel fare grazioso e arrogante allo stesso tempo. Gli piaceva tutto di lei pur non conoscendola- i suoi modi di fare, il suo portamento, il suo taglio di capelli. L’aveva osservata spesso da lontano. Era incuriosito dal suo modo di osservare tutto ciò che le stava intorno. Si tende spesso ad idealizzare una persona che ci piace fin da subito ma per lui era diverso . Sembrava come se l’avesse da sempre conosciuta- Giulio ne era consapevole. Eppure adesso che l’aveva avuta di fronte, senza che lui nemmeno se ne accorgesse, non aveva saputo fare altro che rispondere ad una sua richiesta e nel modo più passivo possibile . << Avrà pensato che sia un completo imbecille , è incredibile che non sia riuscito a dire nulla , a dare vita ad una qualsiasi forma di comunicazione . E’ incredibile che non sia riuscito a muovermi >> disse tra sé e sé. Pensò a quanto strambo e inopportuno sia aspettare e desiderare qualcosa tanto da rimanere impassibili, incatenati alle proprie paure ed esitazioni, quando poi il destino ci permette di toccarle, di agire, ci concede un’opportunità.
Quando tornò a casa, erano all’incirca le cinque del mattino. Trovò Carla in piedi in cucina, la prima stanza sulla destra subito dopo l’ingresso. Fumava. Quasi non la riconobbe. Pensò che non aveva mai trovato la sua ragazza così bella ma allo stesso tempo fragile. << Giulio dimmi dove sei stato e non prendermi in giro ! Il tuo cane è morto due anni fa porca miseria . >> Con voce tremante e incredula esordì Carla. Aveva lo sguardo di chi sa di essere nel giusto ma non trae alcun piacere nell’esserlo. Seguirono attimi di silenzio poi continuò alzando di molto il tono di voce << Dove cazzo sei stato ? Ti vedi con qualcuna? Ci sei stato a letto? Dimmelo ! ho il diritto di sapere. Non hai avuto nemmeno il pudore di nasconderlo. Pensi che non me ne sarei accorta? Ti rendi conto di quello che fai ? >>
<< Allora, posso spiegarti, ma adesso sto morendo dal sonno. Fidati di me. Domani ti raccontò tutto. Vado a dormire >> rispose Giulio con fare più scocciato che imbarazzato. Poi si avviò in camera e sprofondò sul letto. Carla si preparò un caffè e rimase un altro po’ in cucina a far compagnia a suoi pensieri, che le giravano in testa alla velocità della luce. Si sentiva tradita e umiliata. Poi tornò in camera e mise in soqquadro la stanza, radunando le sue cose. Una volta finito raggiunse l’uscio della porta d’ingresso e l’aprì . 
Giulio sentì il baccano, si alzò di scatto e rincorse la sua fidanzata e con fare sorpreso disse << Ma che stai facendo ? Sei impazzita? Dove diamine stai andando ? >>.
Carla con una tranquillità e scioltezza quasi disumana si lasciò sfuggire un sorriso che acclamava vendetta e disse <<  Porto fuori il cane >>.


domenica 24 novembre 2013

Perché Virginia Woolf si è tolta la vita ?

La rubrica “ Riflettendo “ affronta una vasta gamma di argomenti . Nasce con il semplice scopo di offrire degli spunti di riflessione .

In questo articolo . . . 


Cosa porta un artista a compiere un gesto estremo come il suicidio ? E’ giusto indagare sulla vita privata di ognuno di essi ? Perché non ci si sofferma sulle opere, semplicemente ?
Virginia Woolf , nata a Londra nel 1882  e morta suicida nel 1941 , è stata una delle più importanti figure letterarie del XX .

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Virginia Woolf interpretata da Nicole Kidman
nel film " The Hours " . 


 
Con questo articolo non voglio assolutamente dare una possibile giustificazione al suicidio ( che si parli della famosa autrice londinese o di altri ) . Mio personale parere è che nessuna condizione sociale , psichica e morale debba portare a un gesto così estremo e bisognerebbe fare di tutto per evitarlo . Né possiedo le competenze necessarie per dare un giudizio obiettivo per cui mi limiterò a dare una considerazione analizzando la questione da un punto di vista umano . E’ risaputo che Virginia Woolf soffriva di vari disturbi emotivi e mentali e che affrontò svariate terapie per resistere e non cadere nel “ buio più totale ” (  espressione da lei utilizzata più volte per identificare il malessere che l’avrebbe , prima o poi , portata a compiere questo gesto estremo ) . A detta di molti, il principale motivo di tale folle gesto è attribuito ad un collasso del sistema nervoso che , a differenza dei precedenti , è risultato fatale alla rivoluzionaria scrittrice britannica . Ma, come puntualizzato prima, non è su questo che verterà la mia riflessione.
Essa nasce da una domanda postami da una mia amica ( che sapendo della mia stima nei confronti della scrittrice ) , nel pieno di una quotidiana chiacchierata al bar ; in maniera del tutto spontanea e quasi irrilevante mi fa << Perché , secondo te , Virginia Woolf si è suicidata ? ? ?  >> . Da quel momento la sua voce è rimbombata tra le pareti della mia instabile testa, quasi a graffiarle, e non mi son dato pace finché non fossi riuscito quantomeno ad elaborare , una possibile risposta . Credo che fosse nelle sue intenzioni e comunque nelle mie , interpretare la domanda in altra maniera e quindi non rispondere ricercando le motivazioni del gesto in sé, isolato, dando le classiche risposte già date ( da chi sicuramente competente ) trite e ritrite bensì osservando la questione da un altro punto di vista . A tal proposito, ho riformulato la domanda, per poi analizzarla e giungere ad una conclusione che rispecchi il mio pensiero . La mia interpretazione è la seguente :

“ Non trovi sia un peccato che un’artista dall'innato talento letterario e dalla personalità ricercata , raffinata e sorprendente si sia suicidata ? Ci pensi a tutte le opere di sconfinata fattura che avrebbe potuto continuare a regalarci ? Secondo te le sarà passato per la testa, anche solo per un millesimo di secondo ? “


Arrivato a questo punto, mi sono reso conto che la questione fosse ancor più complicata di quello che potesse sembrare e mi son messo a studiare per poter avere una visione più completa possibile, tanto da farmi un’ idea, dei i suoi scritti e di tutto ciò che avvolgesse la vita di questa straordinaria artista . Ho provato a immedesimarmi, cercando di riviverne le sensazioni , prima di trarre una conclusione . Mi sono lasciato andare a delle riflessioni su ciò che ha vissuto e che ha dovuto affrontare tra luci ed ombre, cercando di mettermi nei suoi panni, o anche solo di sfiorare questa possibilità .
Immaginate di essere chiusi in una stanza , triste e vuota , priva di qualsiasi distrazione , di qualsiasi cosa possa farvi evadere l’animo e a la mente da tutto ciò che vi preoccupa , dai vostri timori e dalle vostre paure ; aggiungete una buona dose di noia e apatia dovuta all’obbligata reclusione ,al quale era costretta , come terapia dai dottori sotto il controllo vigile del marito e dalla servitù ( da intendere come persone estranee ai suoi affetti ) sempre sotto suo ordine . Immaginate poi di sentire delle voci che vi istigano ad andar via , a fuggire, osteggiando la ragione e tutto ciò che vi tiene fermi lì a sgretolare pian piano tutte le vostre certezze . Se le voci diventassero assordanti non fareste di tutto per farle smettere ? Come quando da bambini vedevamo i fuochi d’artificio o quando assistiamo al lancio di un petardo , o quando qualcuno ci parla e non vogliamo stare a sentire, qual è la prima cosa che facciamo ? Ci portiamo le mani alle orecchie per non sentire, no ? Immaginate di non poterlo fare . Lei queste mani le aveva legate , non c’era alcun modo di fermare quello che sentiva, o magari di chiedere , anche garbatamente , a quelle voci di fare silenzio . No , lei non poteva . Ora pensate alla persona che più vi sta cuore , pensate all’amore che vi riesce a dare e a tutto quello ha fatto e che fa per voi ma che per qualche inspiegabile motivazione non riuscite ad apprezzare , tanto da sentirsi degli ingrati , tanto da sentirsi soli contro tutto e tutti . Per quanto forte d’animo, chiunque proverebbe una seppur minima sensazione di disagio. Ma è ben chiaro che non si tratta solo di questo . Virginia si sarà sentita come quando si deve trasportare , senza l’aiuto di niente e nessuno , un fardello pesante che richiede più forze di quante se ne hanno , per una meta di cui non si è a conoscenza e senza aver nessuno, alla fine, a ricompensarci per l’immane sforzo fatto . Ora, potrebbe sembrare ( e  sarebbe del tutto lecito ) che Virginia fosse una donna pazza ed ingrata: invece non lo è stata affatto . Per avere un assaggio di quanto Virginia fosse sensibile , educata , affettuosa  e persino dolce (al dì là dei suoi sbalzi d’umore dovuti alla malattia ), riporto la commovente lettera che Virginia , poco prima di suicidarsi , lasciò al marito :

“ Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.

A mio modesto parere , credo che nessuno possa capire e sentire il dolore che ha provato il marito subito dopo aver letto la lettera e compreso ciò che fosse accaduto. Possiamo solo immaginare cosa gli sia passato per la testa . Dopo essersi preso cura di lei per la maggior parte della sua vita e averla amata con tutto se stesso, vedersi incapace di aver impedito un gesto del genere deve essere stato qualcosa di tremendamente doloroso, per di più essendoci stati dei precedenti .Avrà pensato che doveva aspettarsi un atto simile . Eppure avrà pensato a come mai , al perché non era riuscito ad evitarlo . Avrà desiderato di esserle stato più vicino, di darle di più di quello che egli stesso riuscisse a dare . Si sarà domandato , cosa avesse sbagliato ( ammesso che ci fosse qualcosa ) . Se, magari, la troppa apprensione avesse significato un eccessiva invadenza , tale da far desiderare alla moglie di andar via , in questo caso per sempre . Si sarà sentito in colpa nonostante lei l’avesse sollevato da tutto, incorniciandolo come suo unico vero eroe , sua unica ancora di salvezza. (mi chiedo se questo avrà alleviato il suo dolore) . Le mie sono soltanto riflessioni e non voglio assolutamente dare delle motivazioni , come puntualizzato all’inizio dell’articolo . Ma continuiamo a vedere la vicenda dal punto di vista del marito che, superato un periodo di confusione e rammarico iniziale , avrà forse pensato di essere una persona fortunata, perché , in quanto marito, ha avuto la possibilità di passare gran parte della sua vita insieme a lei e riceverne ( seppur in maniera complicata e minima ) le attenzioni , udire le sue parole , apprezzare i suoi gesti , osservare i suoi modi di fare e vedersi ricambiato il suo amore .
Nella sua lettera , chiaramente rivolta al marito e a lui solo , ho ritenuto opportuno pensare che nello scrivere possa aver pensato anche ai suoi lettori e a tutte le persone che l’hanno amata e apprezzata per quel che ella fosse .
Ragion per cui riteniamoci fortunati perché , se Virginia non avesse vissuto particolari situazioni dovute alla sua malattia e insomma se Virginia Woolf non fosse stata Virginia Woolf non avremmo potuto godere delle sue straordinarie opere e del suo immenso talento . E comunque sia, questo non deve importarci , non deve essere oggetto di discussione , non deve permetterci di etichettarla come una pazza suicida. Piuttosto, dovremmo concentrarci su quel che ella ha apportato al mondo a livello artistico , culturale e letterario , senza scavare nella sua vita privata come se fosse una lezione da portare ad un esame per prendere un bel voto e fare la nostra bella figura . Perciò non ho pensato più al perché e al come fosse stata capace di compiere questo gesto estremo:  mi sono sentito fortunato per quello che è riuscita a dare senza pensare a quello che sarebbe potuta essere ; ho pensato semplicemente che se avesse continuato a vivere e non avesse scritto nient’ altro non sarebbe cambiato nulla e sarebbe stata ricordata per quel che aveva fatto fino a quel momento dunque chi si sente la responsabilità di dire che non sarebbe stata la stessa cosa ? O, peggio ancora, che sarebbe stata dimenticata o giudicata negativamente tanto da denigrarla ? Da questo punto di vista non sarebbe cambiato tanto , anzi non sarebbe cambiato nulla . Quando , in genere , si parla della Woolf il primo argomento che viene trattato è il suo suicidio e le cause che l’abbiano portata a compierlo . Ciascuno esprime la propria opinione come se giudicasse la moda del momento invece di soffermarsi ad apprezzare con occhi di riguardo tutto ciò che è l’artista, e non la persona . Si inizia a parlare dalla fine della sua vita come se fosse fondamentale per il susseguirsi di un eventuale lezione o discussione . Pare che questo sia un “ problema “ sollevato solo sulla Woolf , ma , in genere , anche su tanti altri artisti , dei quali vengono spesso fatti emergere gli aspetti negativi, ancor prima di analizzarne l’operato . Si indaga sulla vita privata . Se ci troviamo di fronte ad una morte sospetta , particolare , “ fuori dal comune “ l’attenzione viene focalizzata sull’evento e  passa in secondo piano quello che è l’artista e di conseguenza le sue opere , le sue opinioni e tutto ciò di bello che ha potuto apportare al nostro mondo . Perciò non ho pensato più a dare una risposta alla domanda, ma mi sono limitato a concentrarmi su altri aspetti . Preferisco apprezzare Virginia Woolf come artista , autrice di scritti fantastici , sorseggiare del buon vino e discutere fino a notte fonda sul suo pensiero, attraverso la storia di uno dei suoi romanzi o più semplicemente partendo da una delle sue citazioni più famose parlandone come si commenta una bella notizia o si esprime un personale parere su un argomento qualsiasi . Infine, ho capito che la sua storia deve servirmi da esempio per non commettere il suo stesso errore, non rischiare di non sentirsi amati o di non sentirsi amati abbastanza e far sì che nessuno intorno a me possa soltanto pensare di arrivare a tanto.

Virginia Woolf
Questo è quello che, principalmente ,  l’artista Virginia Woolf mi ha trasmesso . Questa è la mia risposta .




domenica 10 novembre 2013

“ Relazioni a distanza ed effetti collaterali “


 La rubrica Riflettendo affronta una vasta gamma di argomenti. Nasce con il semplice scopo di offrire degli spunti di riflessione.




In questo articolo …

Long Love Distance 
<< Se lasci un pezzo del tuo cuore da qualche parte hai due possibilità . La prima è quella di andare a riprenderlo nonostante le complessità che comporta . La seconda è quella di rinunciarci, pur sapendo che provocherà un dolore per tutta la vita e per il quale non esiste cura . Un vuoto incolmabile che tenterai di riempire inutilmente con tutto ciò che in quel momento sembrerà avere un senso ma che in realtà non ce l’ha ; tutto questo prende il nome di  “ rimpianto “ . >>


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Quando qualcuno a noi caro è distante tutto assume un’ importanza diversa . I posti , le abitudini e tutto ciò che riguarda la vita quotidiana vengono affrontate in maniera differente. Tendiamo a soffermarci sulle piccole cose fino a quel momento date per scontato e ogni momento inevitabilmente ci porta a ricordare gli istanti passati insieme alla persona che ci manca. Capita di fermarsi e fissare il vuoto, mentre la nostra testa proietta le immagini di tutto ciò che è stato, come se le stessimo vivendo in quel preciso istante. Ci sembra tanto reale da allungare la mano e nell’illusione di toccare il suo viso, di sentire il suo profumo ovunque. Ricordiamo a memoria e sorridiamo alle sue battute, che abbiamo trovato spesso banali e prive di significato. La sua voce entra nei timpani senza il dovuto permesso. La nostra mente comincia a viaggiare e ad ogni fermata si pone migliaia di domande: adesso dove sarà? Cosa starà facendo? Ci sta pensando? Di che umore è? Chi gli sta parlando? E’ possibile che esista un “canale“ immaginario o una sottospecie di telepatia che faccia si che anch'essa sia seduta come lo siamo noi, ai bordi di un marciapiede, con lo sguardo fisso nel vuoto, lontano da tutto e tutti? Cosa ci spinge a desiderare tutto ciò? Perché complicarsi la vita aspettando una persona che per diverse ragioni ( giuste o sbagliate , opportune o inopportune ) è tenuta a stare distante da noi? Ma soprattutto perché noi rimaniamo qui , tra gente che crede di conoscerci , e non siamo con chi vorremmo? Abbiamo fatto tutto il possibile per far sì che questo non accadesse? Se abbiamo deciso di lasciarla andare e di aspettarla, perché la mente ci porta a spasso come fossimo turisti in una città che non conosce , senza una mappa o delle indicazioni , senza che qualcuno ci aiuti rispondendo alle nostre richieste?

Il rapido susseguirsi di domande non dà il tempo di trovare una risposta alcuna; poi succede che qualcuno ci chiama o ci scuote svegliandoci dal breve “ sonno “ in cui siamo caduti. Ma loro che ne sanno? Come possono riuscire a capire che estraniarsi è l’unica maniera che ci rimane per stabilire un contatto per raggiungere qualcosa che ci possa legare seppur per brevi attimi a chi ci manca? Come spiegare loro che non devono considerarci, che preferiamo essere assenti per essere presenti solo nel ritaglio temporale che ci creiamo composto da ricordi e sensazioni passate a cui ci aggrappiamo con la speranza di riviverle presto?
A
llora ci svegliamo, diciamo di essere stanchi (ma non nel senso letterale del termine, siamo stanchi di resistere, di non riuscire a cambiare le cose o più semplicemente siamo stanchi del fatto che non possiamo far nulla ); anziché’ chiedere di lasciarci stare ci giustifichiamo per esserci assentati e ci uniamo ad una conversazione di un argomento che non c’interessa. Facciamo di tutto per non mostrare che c’è qualcosa che non va. Ho provato a cercare risposte nelle parole e ho messo su alcune riflessioni.

Su gran parte dei dizionari italiani troviamo che “mancanza“ si riferisce a qualcosa in difetto, in errore, che vien meno. Ma non credo che questo sia il significato adatto per esprimere al meglio quello che ci portiamo dentro. Poi ho cercato “nostalgia“ e ho trovato: “desiderio vivissimo della patria , di persone o cose lontane“. Quest’ultimo mi è sembrato più consono a descrivere lo stato d’animo di chi è affetto da questa “sindrome da allontanamento“. Ma è evidente che i due termini vanno a braccetto e allora, giocando un po’ con le parole, ho pensato:


Quello che noi definiamo “ mancanza “ è nostalgia di ciò che si è già vissuto o  di quello che sarebbe potuto essere ?

Come anticipato, ogni situazione è diversa e unica a suo modo ed è possibile che la risposta esatta sia da ricercare in entrambe le domande. Eppure credo sia opportuno fare delle distinzioni rispetto ai tipi di situazione che possono venire a crearsi.

Prendiamo, ad esempio, quella più comune: quando una relazione, il più delle volte ben consolidata , è costretta ad affrontare l’allontanamento di uno dei due. L’ago della bilancia è indirizzato verso “mancanza“ intesa come nostalgia del tempo passato insieme, in quanto esiste un passato significativo ed è questo che ci aiuta a ricercare le motivazioni per resistere alle difficoltà. Ci porta a capire che la persona a noi cara , se ne avesse avuto la possibilità, sarebbe rimasta con noi. Accettare quest’ultima considerazione è un gran passo avanti. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, anzi non lo è affatto. Tuttavia questo non esclude
 che il pensiero vada comunque al tempo che si sarebbe potuto trascorrere insieme prima che la distanza potesse impedirlo. Credo, che al di là della risposta, sia una vera prova di maturità quella di affrontare un’esperienza simile. Come in un gara dove si parte dallo stesso punto ma si percorrono strade diverse, per arrivare ad un unico traguardo comune: andare a vivere insieme, ad esempio, grazie ai sacrifici fatti in precedenza e con la consapevolezza di essercelo guadagnato e di essere andati avanti dove altri si sono fermarti alla barriera composta dai loro dubbi.

Molto diversa è la situazione che nasce da “storielle occasionali“ molto frequenti in vacanza, dove persone di tutt'altra longitudine e latitudine, si incontrano e si lasciano trasportare, nell'assidua ricerca di un senso, di qualcosa che possa mantenere viva la relazione che comincia a sgretolarsi troppo presto per poterla definire tale. Diversamente dalla situazione descritta prima, qui non c’è un passato significativo alle spalle e molto spesso la “storiella“ si frantuma ancor prima di trovare quel particolare carburante che l’alimenti. 


In entrambi i casi tutti i messaggi, le chiamate e le video-chiamate fungono da “premi di consolazione“ che non bastano mai. Non ci basta sentire la sua voce, poterla vedere attraverso uno schermo, ma vorremmo respirare la sua stessa aria, essere presenti. Allora viviamo di ricordi, viaggiando continuamente nel tempo, cercando di recuperare ogni secondo passato insieme, ogni singola sensazione. Persino il ricordo di un semplice saluto o di un sorriso assume tutt'altra importanza, e ci nutriamo della speranza di rivivere tutto quanto prima. Ogni situazione ha caratteri diversi ed è unica a suo modo: sta a noi cercare delle risposte che ci portino a chiederci se ne valga veramente la pena. Se valga veramente la pena soffrire e aspettare, sentirsi soli in mezzo a tanta gente, vivere ogni giorno e ogni singolo momento della nostra quotidianità nella speranza di rivedere quella persona che ci manda in subbuglio il cuore e in confusione la testa.
Dunque, m
i è lecito pensare che ne vale veramente la pena solo se non ce lo chiediamo affatto . 

domenica 3 novembre 2013

Dio incontra Nietzsche

La rubrica " Situazioni Improbabili " contiene racconti surreali riguardo incontri , discussioni e faccende di vario genere tra personaggi famosi e non , del passato o del presente , inventati o reali.
In questo articolo ...
Dio ( si proprio lui , l'immenso onnipotente ) scende sulla Terra per far visita al noto filosofo Friedrich Nietzsche per discutere su alcune riflessioni e dichiarazioni sul suo conto che non ha gradito .


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Era mattina quando Nietzsche sentì bussare alla porta mentre preparava la colazione, circondato da carta e spruzzi d’inchiostro . Attese un altro po’ e mentre raggiungeva la porta d'ingresso borbottò << Ma chi diavolo è a quest'ora ? >> .
Da fuori Dio sentì le sue parole e con tono indispettito disse << Sono Dio ! Apra per cortesia, avrei bisogno di parlarle ! >> . A quel punto Nietzsche, un po' sorpreso , raggiunto l'uscio della porta disse << Ma come si permette ? Non c'è altro Dio al di fuori di me >> . Dio ( quello vero ) si irrigidì ancor di più << Ma come si permette lei ! Quella è una delle mie citazioni più famose ! Se solo lei, invece di sparare a zero su tutto e tutti, avesse letto i 10 comandamenti questo lo saprebbe ! >> Il filosofo aprì la porta e senza dar la minima considerazione tornò in cucina lamentandosi << Ah, che Dio mi aiuti ! E comunque non leggo quelle riviste per casalinghe deluse dalla vita >> .<< Ma non è una rivista ! E comunque io sono qui per questo, per aiutarla ! Voglio solo chiarire alcune questioni con lei >> rispose Dio mentre, superando l'uscio della porta, vide alla sua sinistra un cavallo che girovagava libero per la sala con aria spaesata .<< Ma su, andiamo…è solo un modo di dire ! Ma perché devo sempre stare a spiegar tutto ?! >> ribatté infastidito Nietzsche .

<< Vabbè, lasci stare. Piuttosto, mi stavo chiedendo che cosa ci facesse un cavallo libero nella sua sala >> . Aveva un tono sorpreso, quasi preoccupato, mentre si rivolgeva all’eccentrico filosofo che trasalì << Mmm ... non sono affari che la riguardano! A proposito, a cosa devo l'onore della sua “ venuta “ ? >> proseguì, accennando un sarcastico inchino .

<< Sono venuto per discutere con Lei di alcuni contenuti da Lei pubblicati che non ho affatto gradito! In realtà, alcune parti di quello che ho letto sono sfuggite persino alla mia comprensione >> . Nietzsche si lasciò sfuggire un sorrisetto di orgoglio e presunzione sotto quel baffo beffardo, ma Dio continuò facendo finta di nulla, fermandosi solo per un breve istante .
DIO
<< Senta...principalmente mi piacerebbe capire le sue reali intenzioni e cercare di farle cambiare idea su alcune cose che lei ha scritto e che non dovrebbe nemmeno pensare ! Si, insomma, non capisce che alcuni pensieri poteva tenerseli per sé senza sperperali ai quattro venti ?  La posta in gioco è molto alta, sa ? Rischiamo di mandare in aria diverse istituzioni ! E sarò sincero ... sono venuto in avanscoperta ma c'è chi , tra i miei colleghi , non vuole sentir ragioni ! Ad esempio l'altro ieri è venuto a trovarmi Allah e mi ha detto, infuriato, che vorrebbe mandare qualcuno a farla fuori ! Ma si rende conto? Non vorrà essere vittima di qualche attentato terroristico ? Quello è capace di far cadere un meteorite su casa sua o peggio ancora di scatenare un epidemia nel posto in cui vive per assicurarsi della sua  " occasionale " dipartita ! così facendo non si sporcherebbe nemmeno le mani ! >>
In quel momento si sentì dalla sala un rumore di vetri infranti . Probabilmente il cavallo aveva urtato qualcosa di molto fragile . Nietzsche bestemmiò << P***o Di* ! Ma cosa si è rotto? Chi c'è di là >>
Dio si infastidì ancora di più << Eh no! Ma insomma, lei non ha alcun diritto di insultarmi a quella maniera ! Non ha il minimo pudore! E poi, come sarebbe a dire chi c'è di là ? c'è il suo cavallo! >>
<< Ma certo che sono al corrente che di là ci sia il mio cavallo! E comunque non è un cavallo qualsiasi... quindi porti rispetto >>
Detto ciò, il filosofo si rilassò, si mise a sedere e decise di interessarsi al suo sgradito ospite, togliendosi quella maschera di orgoglio e presunzione che fino a quel momento aveva indossato senza indugi .
<< Ricapitolando : Lei è sceso dal cielo... >> Ma Dio con fare scocciato lo interruppe << In effetti è così >> e si lasciò sfuggire un sorriso che ritrasse subito, rendendosi conto di essere stato inopportuno .
<< Sì, sì, ho capito!  Non mi interrompa per cortesia! Altrimenti perdo il filo logico della questione e mi deconcentro >> continuò Nietzsche infastidito .
<< Per prima cosa, io sono nel pieno delle possibilità sociali ed umane di pensare , scrivere e dire quello che più mi va a genio. Inoltre credo che voi altri dobbiate finirla con questa farsa e rivelare a tutti la vostra nullità, in quanto non apportate niente di concreto a questo mondo, anzi! Penso che stiate contribuendo a distruggerlo, favorendo guerre , odio e tradimenti . Ebbene si … ve ne state li seduti sulle vostre poltrone a sorseggiare vino di prima classe ascoltando preghiere inutili della gente comune , abusando della loro fede , senza muovere un dito , senza fare realmente nulla per salvarle da un destino che non hanno scelto ma che credono sia stato scelto da voi, divinità fasulle e bugiarde ! Dove vi nascondete quando il dolore si impossessa delle loro anima e le lasciate soffocare sotto il peso di gravi responsabilità ? Chi più di Lei saprà capire di cosa sto parlando ?  Comunque non si deve sentire turbato: persino lei non ha appreso a pieno quello che intendevo trasmettere con i miei scritti . Nessuno può, nemmeno il sottoscritto . E' stato, come nel suo caso, solo avvertito qualcosa! E c'è chi trarrà delle conclusioni e chi altre, come c'è chi non considera assolutamente le mie opere, per scarsa apertura mentale o semplice ingenuità >> .
A quelle parole, Dio si intimorì. Subito ebbe la consapevolezza che l'uomo nevrotico, dal baffo folto, che aveva seduto di fronte non avesse tutti i torti. La divinità aveva lo sguardo di chi si sente preso in causa pur non avendo delle buone motivazioni per esserlo ; poi sospirò e cominciò il suo monologo << Senta, Lei avrà anche le sue ragioni . C'è stata , c'è e ci sarà gente che fraintendendo o utilizzando noi come pretesto darà vita a guerre senza fine e discussioni che non avranno mai risposta . Ma lei sa che significato avrebbe se la maggior parte della gente ci mettesse sul serio in discussione . Se la fede in qualcuno e in un progetto  superiore venisse meno, si vivrebbe nel caos più totale; nessuno avrebbe delle linee guida , qualcosa in cui credere .  << Ah, non ci sarebbe più religione ! >> lo interruppe Nietzsche ridacchiando.
<< E la smetta di scherzarci su ! Io parlo seriamente . Ora, lei si deve ritenere fortunato. Riconosco che tutto quel  genio  in un’ unica persona non si vedeva dai tempi di Leonardo da Vinci, ma questo non vuol dire che lei debba usarlo per deviare le persone , per confonderle , per far perdere la fede...mi creda, per molti di loro rappresenta l'unica cosa che hanno ! Perciò utilizzi il suo intelletto in altro modo. Cominci Lei a creare qualcosa di utile per questa umanità, senza scrivere testi fini a se stessi, pronti a infangare qualsiasi credo . >>
<< Mmm...  io ho messo giù solo quello che mi passava per la testa . Come ben sa, non ha creato tanto clamore e tutti vivono la vita di sempre, tranne rare eccezioni . Si sente offeso per delle questioni che ho sollevato o per delle cose che ho detto ? Nah, beviamoci su ... cosa gradisce ? >> .
<< Nulla, la ringrazio. Io non bevo >> .<< Che noia! Su, avanti ... sulla Terra uno strappo alla regola potrà pur farlo, tanto chi la controlla...?  >> .<< No, non bevo nel senso che io non bevo nulla sul serio , non ne ho bisogno >>.<< Certo che per voi divinità la vita  deve essere proprio una noia . Capisco . Secondo me voi ci invidiate e ci guardate da lassù con fare triste, consolandovi con delle preghiere fini a se stesse...Il resto lo facciamo noi umani, no ? Voi divinità siete a conoscenza del fatto che siete un’invenzione dell'uomo ? >>Dio ebbe una reazione rabbiosa << Ma che cosa sta blaterando ? Senta, io non ho intenzione di continuare questa conversazione . Le consiglio vivamente di godersi la vita , o quel poco che le rimane ,prima che la pazzia prenda il sopravvento, e di lasciarci in pace . Lei non pensa che è grazie a noi che si ritrova tutto quel genio ? Questo non l'ha pensato, vero ? La saluto.... Addio... Cioè, ci rivediamo presto ... >> .Dio uscì dalla porta d'ingresso come fanno le persone normali, perché per un volta provò ad immedesimarsi in una di esse, con veri dubbi e turbamenti. Nietzsche andò in sala ad accarezzare il suo cavallo, ammettendo a se stesso che quell'incontro improbabile l'aveva scosso . Mentre lo accarezzava si rivolse al cavallo << Ah, queste divinità…Non sanno mai quel che vogliono pur potendo avere tutto! Beato te che sei un animale senza cervello e possibilità di pensare >> A quelle parole , quasi consapevolmente , il cavallo gli si scagliò contro facendolo cadere all’indietro .

Nietzsche riprese conoscenza e si ritrovò nel suo lettone, con le lenzuola sporche d’inchiostro e mai cambiate . Avvertì un senso di disorientamento ; scese dal letto e corse subito in sala, dove era tutto nel solito, personalissimo ordine e senza un cavallo che gli gironzolava per casa . Allora capì che si era trattato di un sogno ma, per qualche strana ragione, aveva la sensazione che quel dialogo potesse avere in sé qualcosa di reale.



Quel che è certo è che quella mattina si sentì meno " Dio "
  del solito, mettendosi in discussione come fanno le persone " comuni "  e tuttavia rimanendo sicuro che lui, Friedrich Nietzsche, non poteva affatto considerarsi " comune " . Pensò che se ci fosse realmente un Dio o una figura superiore che vegliasse sul mondo ed egli stesso ci credesse , come la maggior parte della gente , se quella discussione avesse avuto luogo sul serio, sicuramente anche un Dio ne sarebbe uscito ridimensionato . Appurato ciò, tornò ad assumere l’aria arrogante di sempre, come se nulla fosse accaduto . Aveva ancora sonno e tornò in camera da letto per riposarsi ancora . << Un genio ha bisogno di riposo per esprimersi e mettersi a suo agio >> disse tra sé e sé . Una volta in camera, appena superato l’uscio della porta, si fermò di colpo. Cominciando a tremare urlò << Ma se non è in sala, dove si sarà cacciato il mio cavallo ? ! ? ! >>