mercoledì 31 dicembre 2014

Mia Suocera

La rubrica “Storie di Straordinaria Quotidianità“ contiene racconti inventati ispirati alla gente comune e alla vita di tutti i giorni.

"Tempo fa lessi un articolo in cui si elencavano le peggiori situazioni da dover affrontare quando si sta insieme a qualcuno. Nella puntigliosa lista era menzionato il pranzo (o all’occorrenza la cena) con la suocera.
Era la vigilia di Natale e toccò anche a me affrontare il fatidico evento.
Ma non avrei mai potuto immaginare un qualcosa di simile."



Feci in tempo ad arrivare in ritardo, ma nessuno dei presenti si curò di farmelo notare a parte Lisa, la mia fidanzata. <<Non hai rispetto per nulla, figuriamoci per la mia famiglia. Me lo sarei dovuto aspettare>> esordì dopo avermi liberato del cappotto e dai dolci fatti in casa che avevo portato per l’occorrenza.

Conobbi Lisa per sbaglio: io e la mia combriccola di amici ci imbucammo ad una festa universitaria e a quei tempi andavo dietro ad una ragazza che mi piaceva molto. Una fonte certa mi disse che con molta probabilità ci sarebbe stata anche lei. C’era un sacco di gente, l’ambiente era stimolante e ci presentammo con un bel po’ di vino già bello che scolato. Cominciai a cercare la ragazza a cui tanto ambivo tra l’immensa folla di ragazzi che ballavano, bevevano e si divertivano spassionatamente; del mondo là fuori sembrava non gliene importasse un bel niente. Ebbi modo di percepire quella sensazione e mi piacque molto. Ad un tratto vidi la ragazza che cercavo di fronte ad una finestra. Teneva in mano una sigaretta e il fumo si intrecciava alla sua chioma di capelli castani. Era rivolta verso fuori. Mi avvicinai e le toccai delicatamente la spalla per girarla verso di me: non era la ragazza che cercavo. Cominciai a borbottare qualche scusa dicendo di averla confusa con un’altra. D’altro canto lei sorridendomi mi disse che trovava carino il modo di presentarmi, credendo fosse un modo come un altro per attaccare bottone. Mi fece i complimenti per l’originalità. Sembrava contenta di avermi visto. Bevemmo qualcosa insieme e cominciammo a frequentarci. Quella ragazza era Lisa.

Dopo un po’ di tempo, quando tutto andava per il meglio (e a lei sembrò corretto fare qualcosa per rompere quel perfetto equilibrio) cominciò a insistere per farmi conoscere la sua famiglia. Scelse il giorno più cauto e appropriato per farlo: la vigilia di Natale.

I suoi genitori avevano divorziato all’incirca qualche anno fa e la storia della loro rottura mi è stata rivelata con diverse versioni; la famiglia in città è molto chiacchierata: c’è chi sostiene che lui abbia tradito lei, o lei abbia tradito lui o nessuno dei due abbia tradito nessuno, ma si cercava semplicemente un pretesto per mandare all’aria il matrimonio. La verità non è mai venuta a galla e Lisa non ha molto piacere a parlarne. Adesso vive con la madre e ha notizie del padre una volta al mese: sembra si sia trasferito al nord, ma se fosse andato in Africa, per Lisa non sarebbe cambiato nulla; pare che non le vada tanto a genio.

La casa si rivelò molto accogliente. Era una palazzina su due piani al centro della città. Una costruzione un po’ vecchiotta, che la madre di Lisa aveva ereditato dalla sua stessa famiglia: soffitti alti, pareti d’altri tempi, e i vari allestimenti che fanno pensare a quei noiosi salotti borghesi ottocenteschi.

Ci accomodammo nel salone dove tutto era stato preparato con delicata sfarzosità per l’evenienza.

Arrivò il momento delle presentazioni: c’era suo zio venuto dal paese con la sua attuale consorte, poi c’era un altro suo zio con la sua seconda moglie. I loro nomi non mi sembravano così importanti e non ci misi nulla a dimenticarli subito dopo averli sentiti. Pensai subito che fosse un vizio di famiglia non far andare a buon fine le relazioni. Decisi che ci avrei scherzato un po’ su riguardo questa mia osservazione, in privato con Lisa più tardi, ma come spesso accade mi dimenticai anche di questa mia effimera volontà. Al seguito di questi due zii, entrambi fratelli della madre, c’era la loro prole. Erano in tre, ma sembrava fossero in tredici. Diedero fastidio per tutta la serata, o meglio finché le loro forze glielo permisero. Per fortuna caddero in un sonno profondo subito dopo i festeggiamenti della mezzanotte.

<<In cucina è tutto pronto; dobbiamo solo decidere quando cominciare>> qualcuno esordì entrando dalla porta all'altra estremità della sala. Era Monica; la sorella più piccola di Lisa. 
La vidi, mi parve di mio gradimento e pensai subito di aver sbagliato la scelta della sorella, ma cacciai subito via il mio pensiero impudico dando la colpa alla confusione del momento e a quell'entrata imponente.

Ed infine si alzò mia suocera (o futura tale, per essere fiscali) dalla poltrona vicino al camino e mi venne incontro. Mi parve fossero passati secoli prima di ritrovarmela davanti. Indossava un vestito sobrio, delle scarpe col tacco, reggeva una sigaretta che veniva fumata nervosamente e due orecchini giganteschi che sembravano degli allungamenti delle sue orecchie. In complesso si presentava bene. Somigliava molto a Monica. Se non fosse per l’età avanzata, avrei potuto scambiarla benissimo con lei. 
Meryl Streep in una scena del film "I segreti di Osage County"

<<Finalmente ci conosciamo! Lisa mi ha parlato tanto di te! Come vanno le cose giù al negozio?>> mi disse dopo avermi abbracciato energicamente e squadrato quasi fossi l’opera più importante in un museo. Mi vennero in mente subito quelle scene delle soap opera raccapriccianti locali, e le loro frivole sceneggiature, che intrattengono le domestiche incaute di tutto il paese.  
<<Mamma? Ma cosa stai blaterando? Il negozio ce l’aveva Carlo, il mio ex! Lui è Francesco: il mio attuale fidanzato! Non ci posso credere>> rispose sconsolata Lisa.
<<Suvvia che vuoi che sia!>> rispose con un’insolita euforia. Poi si girò verso di me e continuò <<Non ci facciamo caso a queste cose vero? E comunque sia io sono Rosalba! Lieta di conoscerti. Voglio subito levarmi una domanda scomoda: di cosa ti occupi?>>
<<Mamma, ma insomma!>> esclamò Lisa.
<<Nessun problema>> esordì io ammiccando. Poi rivelai i dettagli del mio attuale impiego senza prolungarmi più del necessario.
<<Su caro vieni a fumare una sigaretta con me in veranda>> mi disse prendendomi per il braccio. 
<<Mamma cerca di non annoiarlo con le tue solite raccomandazioni e poi fate presto perché la cena è pronta. Nel frattempo serviamo l’antipasto>> si preoccupò Lisa, ma eravamo già fuori quando terminò la frase.

<<Allora, mio caro…>>; quel mio caro cominciava a darmi sui nervi. Faceva freddo e avevo lasciato dentro il cappotto. In compenso il panorama non era male. Da lassù la città aveva un altro aspetto. Approfittai del mio pensiero per alleggerire la discussione che dopo la sua premessa iniziale aveva preso una piega scomoda e boriosa. Fumai velocemente la sigaretta che mi aveva gentilmente offerto Rosalba, la mia futura suocera, e quando terminò anche lei, le feci strada per rientrare <<Prego, sig.ra Rosalba>>
<<Oh… chiamami pure Rosy, tesoro mio>>.
Quella sua confidenza mi irritò un po’, ma sorrisi amichevolmente ed una volta rientrato mi apprestai a prendere posto.   

Lisa me ne aveva riservato uno vicino a lei, ma come feci per sedermi sentì gridare <<No! No, mio caro.>> poi più pacatamente <<Vieni qui. Siedi qui vicino a me. Ci siamo conosciuti da poco. Non voglio mica urlare per scambiare quattro chiacchiere con te. Scommetto che avremo molte cose da dirci!>>. Era Rosalba, madre di Lisa, a quanto pare un essere perfido e diabolico, in poche parole era mia suocera, ma soprattutto esecutrice dell’insolito trattamento che di lì a poco mi sarebbe toccato...
[Continua...]

Leggi la seconda parte qui

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