domenica 22 dicembre 2013

“ Storia di un eroe di cui nessuno parlerà “


La rubrica “ Riflettendo “ affronta una vasta gamma di argomenti attuali e non . Nasce con il semplice scopo di offrire degli spunti di riflessione.

Claudio è un ragazzo come altri. Ogni giorno lotta per raggiungere i suoi obiettivi; trae piacere dalle soddisfazioni quotidiane e dai piccoli dettagli che rendono la sua giornata, a suo modo, speciale.
“ Storia di un eroe di cui nessuno parlerà “


Mi chiamo Claudio, studio lettere e nel tempo libero lavoro per pagarmi gli studi. Si, lo so, lo so. Me l’avranno ripetuto un sacco di volte: è una laurea che, oggigiorno, non porta da nessuna parte. Ma da quando , di questi tempi , ce n’è una che ti dà la sicurezza di portarti realmente a qualcosa? Ho sempre creduto di dover fare quello che mi piace e non ho avuto esitazioni quando mi è stato chiesto di prendere una decisione. Non ho trovato i miei genitori d'accordo con me. Avrebbero voluto studiassi economia e commercio per lavorare al seguito di mio padre, nel suo studio. Non mi sono mai andati a genio, i commercialisti. Per questo motivo sono costretto a pagarmi gli studi da me, ma questo ha i suoi lati positivi. Mi ha dato lo stimolo per cercarmi un lavoro e ottenere una mia indipendenza.

Da piccolo quando gli altri scendevano in cortile a giocare o guardavano la TV, io, me ne stavo in camera a leggere. Non leggevo solo libri: fumetti, riviste, indicazioni sull'etichetta dei prodotti alimentari; qualsiasi cosa mi potesse incuriosire. La lettura mi ha sempre ispirato, la mia via d’uscita dal mondo e da quello che mi circonda. La mia fuga dalla realtà.

 Ogni giorno mi alzo e raggiungo a piedi la stazione, dove prendo il treno per l’università. Se tutto è nella norma, il treno fa ritardo. Poi, il caso vuole che arrivi, stracolmo di gente.  Quando sono fortunato, sono costretto ad assorbirmi discorsi poco interessanti di ragazzi, che non vedono l’ora di far sapere del loro week-end avventuroso agli amici e parlano gridando- metto le cuffie così da non sentirli. C’è gente che ha problemi con l’igiene ed emana un odore sgradevole. Qui le cuffie non mi sono d’aiuto. Mi appoggio alla porta del vagone alla ricerca di una posizione comoda. Vi state chiedendo perché non mi sieda? Vi rispondo che, se avete visto posti liberi su un treno, siete


davvero fortunati.
 
Una volta arrivato devo fare due passi per raggiungere la facoltà. Di tutta la giornata è uno dei momenti che più amo. La gente nei bar, l’odore del caffè, il traffico, il via vai frettoloso delle persone. Mi diverto a fantasticare sui loro pensieri. Lasciandomi trasportare dall'immaginazione osservo i loro volti e riesco a percepire le loro sensazioni. Ce ne sono di tristi, di spensierati, di ansiosi.
Riesco ad arrivare in orario a lezione, salvo imprevisti.

In aula, spesso e volentieri, sono presenti alunni che non frequentano lettere e vengono per conversare come se fossero a un bar con gli amici. Poi ci sono quelli che frequentano lettere, ma vengono per lo stesso motivo dei precedenti. Il restante, non è veramente interessato alla lezione e si presenta solo per riempire la giornata, per dare un significato alla loro iscrizione o più semplicemente per mostrare che seguono, salvo rare eccezioni. Il professore si limita a spiegare senza entusiasmo. La sua somiglia tanto a quelle voci registrate che rispondono quando chiami per sapere il credito. Lo vedi dal suo volto stanco e rassegnato, dal suo modo di fare superficiale e meccanico. Ci sono giorni in cui entra carico e lo vedi che è lì volenteroso di insegnare, ma subito dopo aver dato un occhiata all’aula, si avvilisce. Ma non voglio scaricare tutta la colpa su di loro. Avete mai avuto la sensazione di non essere ascoltati quando state parlando? O, peggio, di notare che vi stanno ascoltando per finta? Diciamocelo … non è per niente una bella cosa. Meglio parlare da soli di fronte ad uno specchio, lì dentro dovrebbe esserci qualcuno ad ascoltarci.

Finita la lezione, esco e aspetto. Chi aspetto ? Mi piace una ragazza dall’aria semplice e dagli occhi di un blu sincero.


La nostra storia va avanti da due anni, ormai. Ci vediamo ogni giorno dal lunedì al giovedì all’ora di pranzo. La sua facoltà è di fronte la mia e il caso vuole che possiamo incrociarci al termine della lezione, seppur per pochi attimi. Non le ho mai rivolto la parola ma lo farò presto. Avrei tante cose da dirle. Ho pensato che tra tutti i libri che ho letto qualche frase a effetto che possa fare al caso mio, alla fine, possa trovarla . E’ il coraggio che mi manca, ma ci sto lavorando e presto le chiederò di uscire. Si chiama Lucia. Un giorno di novembre, la fortuna è stata dalla mia parte. Sono riuscito a sentire una sua amica che la chiamava dall’altro lato della strada, alzando la voce per farsi sentire. Per me è stato un bel giorno, uno di quelli che vale la pena segnare sull’agenda personale, tra i ricordi di cui prendiamo nota , perché non si sa mai, la mente ci può sempre giocare un brutto scherzo e farci dimenticare alcuni eventi importanti della nostra vita .

 Una volta che la vedo allontanarsi e sparire dietro l’angolo, torno in me e mi prometto di andarle a parlare il giorno seguente . Sono uno sfigato, vero ? Poco importa . Quando ci riuscirò mi ricorderò di tutti i giorni che sono stato fuori ad aspettarla e a raccogliere il coraggio per potermi avvicinare. Quel giorno sarà, per questo motivo, ancora più speciale.

Per pagarmi gli studi lavoro presso un call center . Facendo il turno la sera riesco a far conciliare lo studio e il lavoro . E’ faticoso, ma indispensabile . Quando sono in difficoltà, per un esame, mi assento a lavoro. A dire il vero non mi pesa stare sui libri. Solo, a volte, mi vien voglia di sdraiarmi, su un prato, a guardare il cielo e a non pensare a niente. La sera arrivo a casa distrutto, ma non mi interessa.

E’ sabato e finalmente posso concedermi un pausa da tutto. Mi vedo con i miei amici. Sono dei tipi in gamba; studiano anche loro, ma non sono soliti riempirsi di paranoie come faccio io. Riesco ad essere spensierato. Riesco a liberarmi di tutti quei pensieri negativi e tristi che spesso mi assalgono nei momenti duri e noiosi. Per me sono fondamentali, gli amici. Ci riuniamo, di solito a casa di qualcuno o in un locale a noi congeniale, e stiamo insieme. Parliamo di tutto e non parliamo di niente, raccontiamo la settimana appena trascorsa, discutiamo dell’ultimo libro del nostro autore preferito (ognuno ne ha uno ) e ci lasciamo andare a commenti inopportuni su come sarebbe stata la nostra vita, se avessimo fatto scelte diverse. A volte invidio un po’ chi non ci pensa, chi non si preoccupa del suo futuro e chi non fa niente per cambiare le cose; poi, per fortuna, mi passa.

Poi ,finita la settimana, si ricomincia e giorno per giorno combatto per raggiungere i miei obiettivi, per avere qualcosa per cui lottare. Dopo un po’ di tempo, i miei genitori si sono convinti ( forse rassegnati ) e mi sostengono gli studi – certo, mio padre, non l’ha presa bene-  ma poco importa. Incredibili persone, i genitori. A volte, mi chiedo se riuscirei ad avere la loro stessa generosità, la loro capacità di mettere da parte l’orgoglio. Qualsiasi cosa questo comporti per loro. Sono fortunato ad averli, sono fortunato ad avere chi si occupa di me. Non ho lasciato il lavoro. I soldi che guadagno li spendo per me: libri e viaggi, anzitutto.


 Mi chiamo Claudio e come me ce ne sono tanti altri . Non mi sono mai piaciute le persone che si lamentano e non fanno niente per cambiare le cose. Mi faccio in quattro dalla mattina alla sera per inseguire i miei sogni; non so cosa ha in serbo per me il futuro, ma di una cosa sono certo: ho due braccia, due gambe, nessuna infermità fisica o mentale e ho la possibilità di scegliere cosa fare.

L'attore Luca Marinelli in una scena del film
" Tutti i santi giorni "



Questo mi basta a farmi sentire una delle persone più fortunate del mondo.



Della rubrica leggi anche:


Inadatta: la storia di una baby-squillo

Friends: la storia di alcuni amici che si ritrovano

Porto fuori il cane: la storia di un tradimento

domenica 8 dicembre 2013

“ Porto fuori il Cane “

La rubrica “ Storie di Straordinaria Quotidianità “ contiene racconti inventati ispirati alla gente comune e alla vita di tutti i giorni.


<< Giulio vive con la fidanzata Carla da un po' di anni . Da qualche notte si sveglia e esce di casa alla stessa ora con la scusa di dover portare fuori il cane . Ma dove andrà ? >> 


“ Porto fuori il Cane “

Giulio si alzò di scatto dal letto. Si recò in cucina a bere un po’ d’acqua e si accese una sigaretta- la solita. Erano le due di notte passate da un quarto d’ora ormai. Poi tornò in camera da letto e trovò Carla, la sua fidanzata, sveglia . << Ma che diamine stai facendo ?!?! >> domandò lei con fare scocciato infastidita per essere stata scossa nel cuore della notte . << Porto fuori il cane >> rispose Giulio mentre si affrettava a prendere le ultime cose per uscire . << A quest’ora ? tu sei completamente pazzo >> continuò Carla che quasi come fosse in un sogno non diede importanza a quello che stava accadendo e sprofondò, nuovamente, tra le braccia di Morfeo.
Giulio raggiunse in fretta la piazza vicina casa. Era lì che si recava ogni notte. Era piuttosto grande. Aveva alberi sparsi un po’ dappertutto e una statua, raffigurante un personaggio storico, al centro, logorata dal tempo e resa irriconoscibile dagli spruzzi di spray più inutili che belli. Pensò a quanto fosse straordinario vedere quanta gente esce a quell’ora della notte e vaga per la città senza un vero motivo o, almeno, apparentemente. Devono avere tutti qualcosa in comune. Minuziosamente provò, a stilare nella sua testa, un elenco immaginario delle persone presenti. C’era chi stava seduto ore e ore a fumare con lo sguardo fisso nel vuoto come se riuscisse a non pensare a niente, a svuotare la loro mente da qualsiasi preoccupazione o pensiero che possa rovinare quel momento di riposo a cui non a tutti è concesso. C’era chi tornava da lavoro e non vedeva l’ora di raggiungere casa per dormire quando tutti quanti si alzeranno. Poi c'era chi come Giulio aveva un pallino fisso. Sapeva benissimo il motivo della sua presenza- lì, quella notte. Trasformare un evento casuale in una questione di particolare rilevanza senza la quale non si riuscirebbe ad affrontare la giornata successiva. Erano già un bel po’ di notti che si svegliava e usciva per andare in piazza a quell’ora. Un anziano signore attirò la sua attenzione << Ehi giovanotto
>> e ancora << Giovane sveglia ! sto parlando con te ! >> Giulio ebbe un sobbalzo e rispose << Si... si, mi dica >>.
<< Che cosa ci fai seduto sul marciapiede quando ci sono tante panchine qui attorno ? >>
<< Beh
per lo stesso motivo per cui sono per strada a quest’ora della notte >> rispose Giulio quasi inconsciamente come se si fosse per un attimo addormentato e successivamente svegliato per le parole del vecchio . << E quale sarebbe il motivo che ti tiene sveglio a quest’ora ? >> continuò l’anziano signore. Allora Giulio, ripresa la lucidità, rispose << Non sono tenuto a dare spiegazioni a nessuno . Piuttosto lei? Alla sua età non dovrebbe essere a letto? Che cosa fa ancora in piedi ? >>
<< Potrei risponderti con la stessa insolenza con cui siete abituati a trattare, voi giovani prepotenti, le persone anziane come me ma questo non mi farebbe fare la figura del signore . Vengo qua a quest’ora perché sono curioso di sapere il motivo che spinge la gente a venire qua ogni notte. Sembrano tutti così tristi. Le persone non dovrebbero essere tristi, anche se hanno dei buoni motivi per esserlo >>
<< Guardi io non sono triste. O meglio, non sono qui per un motivo che mi rende triste >>
<< Insomma, sei triste perché non riesci ad ottenere il motivo che non ti rende triste >>
<< Ma mi prende in giro ? senta mi lasci in pace per cortesia ! >> . Il vecchio si girò dall’altro lato e sorridendo, con l’aria di chi avesse vinto una scommessa che davano tutti per persa, disse tra sé e sé << Ah povero ragazzo
io alla sua età ero molto più giovane di lui >> .
Giulio si alz
ò e si andò a sedere alla panchina allestremità della piazza. Era un buon posto per osservare tutto ciò che la notte offriva. Sembrava come se percepisse i pensieri delle persone che vagavano, come se si fossero persi, apparentemente senza una meta precisa. Distingueva chi si era alzato per andare a lavorare. Trovò curioso ma allo stesso tempo malinconico doversi svegliare a quell’ora, fare colazione quando tutti gli altri sognano e tornare a casa per pranzo come se nulla fosse accaduto. Entrava in una specie di trance dove quello che vedeva e quello che pensava si univano formando un connubio perfetto che apriva le porte ad un mondo a cui solo lui poteva accedere .
Poi sentì una voce celestiale accarezzargli l’udito. Rabbrividì senza aver alcun motivo e gli sembrò un’eternità quel secondo in cui solo alla fine capì quello che stesse accadendo. Era lei .
<< Scusa, mi faresti accendere per cortesia ? >>.
La ragion per cui ogni notte, da un po’ di tempo a questa parte, Giulio si recava in piazza per poterla vedere. Il suo non era un desiderio carnale, nonostante lei gli piacesse molto. Amava fortemente Carla, la sua ragazza, e non l’avrebbe mai tradita. Voleva solamente poter osservare quella ragazza che portava il cane a spasso nel cuore della notte. In quei momenti lui non esisteva, era il suo modo per estraniarsi, poterla vedere ogni notte gli dava quello stimolo in più per affrontare la giornata seguente e non ne sapeva il motivo; non si era nemmeno posto il quesito. Si era ripromesso di attaccare bottone solo per sapere il suo nome. Nulla più- un nome reale da dare alle sue fantasie.  Capelli neri e occhi della stessa tonalità profonda quasi surreale ad incorniciare un viso che sembrava avere tutto al proprio posto . Indossava dei semplici jeans e delle comode scarpe e una camicia bianca sotto un giubbotto di pelle nero. Come ogni notte portava a spasso il cane, un pastore maremmano dal pelo bianchissimo. Giulio cominciò a sudare, nonostante il freddo che si posava sui suoi capelli elettrizzati. Sentì un vuoto nello stomaco seguito da un lieve e vertiginoso fastidio- come se tante api si fossero sbizzarrite vedendosi attaccato l’alveare. Tutta la sua sicurezza andò perduta. Ebbe la sensazione di smarrimento che hanno tutti quei personaggi nei film, che lui aveva trovato spesso banali e insignificanti, quando sprecano del tempo ad avere un contatto con la persona che desiderano più di tutte e quando hanno la loro occasione, perdono ogni capacità di intendere e di volere. Quasi automaticamente prese l’accendino dalla tasca e glielo porse. Nessuna parola. Non un semplice suono. Nulla che uscisse dalla sua bocca, era bloccato. Così un gesto semplice, quale chiedere come si chiamasse, diventava più complicato quasi impossibile. Continuava a fissarla con gli occhi sbarrati di chi ha appena avuto una visione di qualcosa di surreale che esiste solo nel suo immaginario. Lei con una sfacciata semplicità si accese la sigaretta, ringraziò e si rivolse al suo cane facendogli segno di seguirla.
Giulio rimase immobile per qualche minuto mentre la osservava allontanarsi. Lei aveva questo modo di camminare particolare con quel fare grazioso e arrogante allo stesso tempo. Gli piaceva tutto di lei pur non conoscendola- i suoi modi di fare, il suo portamento, il suo taglio di capelli. L’aveva osservata spesso da lontano. Era incuriosito dal suo modo di osservare tutto ciò che le stava intorno. Si tende spesso ad idealizzare una persona che ci piace fin da subito ma per lui era diverso . Sembrava come se l’avesse da sempre conosciuta- Giulio ne era consapevole. Eppure adesso che l’aveva avuta di fronte, senza che lui nemmeno se ne accorgesse, non aveva saputo fare altro che rispondere ad una sua richiesta e nel modo più passivo possibile . << Avrà pensato che sia un completo imbecille , è incredibile che non sia riuscito a dire nulla , a dare vita ad una qualsiasi forma di comunicazione . E’ incredibile che non sia riuscito a muovermi >> disse tra sé e sé. Pensò a quanto strambo e inopportuno sia aspettare e desiderare qualcosa tanto da rimanere impassibili, incatenati alle proprie paure ed esitazioni, quando poi il destino ci permette di toccarle, di agire, ci concede un’opportunità.
Quando tornò a casa, erano all’incirca le cinque del mattino. Trovò Carla in piedi in cucina, la prima stanza sulla destra subito dopo l’ingresso. Fumava. Quasi non la riconobbe. Pensò che non aveva mai trovato la sua ragazza così bella ma allo stesso tempo fragile. << Giulio dimmi dove sei stato e non prendermi in giro ! Il tuo cane è morto due anni fa porca miseria . >> Con voce tremante e incredula esordì Carla. Aveva lo sguardo di chi sa di essere nel giusto ma non trae alcun piacere nell’esserlo. Seguirono attimi di silenzio poi continuò alzando di molto il tono di voce << Dove cazzo sei stato ? Ti vedi con qualcuna? Ci sei stato a letto? Dimmelo ! ho il diritto di sapere. Non hai avuto nemmeno il pudore di nasconderlo. Pensi che non me ne sarei accorta? Ti rendi conto di quello che fai ? >>
<< Allora, posso spiegarti, ma adesso sto morendo dal sonno. Fidati di me. Domani ti raccontò tutto. Vado a dormire >> rispose Giulio con fare più scocciato che imbarazzato. Poi si avviò in camera e sprofondò sul letto. Carla si preparò un caffè e rimase un altro po’ in cucina a far compagnia a suoi pensieri, che le giravano in testa alla velocità della luce. Si sentiva tradita e umiliata. Poi tornò in camera e mise in soqquadro la stanza, radunando le sue cose. Una volta finito raggiunse l’uscio della porta d’ingresso e l’aprì . 
Giulio sentì il baccano, si alzò di scatto e rincorse la sua fidanzata e con fare sorpreso disse << Ma che stai facendo ? Sei impazzita? Dove diamine stai andando ? >>.
Carla con una tranquillità e scioltezza quasi disumana si lasciò sfuggire un sorriso che acclamava vendetta e disse <<  Porto fuori il cane >>.