domenica 19 aprile 2015

Reagisce bene il mio sistema emozionale?


La rubrica “Storie di Straordinaria Quotidianità“ contiene racconti inventati ispirati alla gente comune e alla vita di tutti i giorni.


Ho fatto una delle cose più tristi che un giovane della mia età potesse fare: sono andato ad un concerto praticamente da solo.
Ed è stato bellissimo.




L’idea era quella di assistere a tutti i costi al concerto nella mia zona di uno dei miei artisti preferiti, anche se il prezzo da pagare sarebbe stato quello di andarci da solo. Prezzo che ho pagato ben volentieri. 



Il giorno del concerto ero piuttosto titubante. Da un lato non vedevo l’ora di ascoltare live il cantautore che è sempre presente nel mio repertorio musicale portatile e non; dall'altro un insensato senso di ansia e timore stava prendendo in me il sopravvento. Riflettendo, mi resi conto che andare ad un concerto da solo mi avrebbe portato ad affrontare e a vivere delle situazioni che in compagnia sarebbero state benissimo evitabili, o quantomeno rese più gestibili. 

Ma per fortuna, la mia capacità di raziocinio venne meno. Quindi indossai le scarpe di tela che spesso mi hanno accompagnato a questi eventi, quelle un po’ ammaccate e vissute, che tua madre butterebbe volentieri nel caso le trovasse lì da qualche parte in giro per casa, quelle che fai di tutto per nasconderle dalle sue grinfie, mi armai di un po’ di insano coraggio, e soprattutto, pensai che non stessi facendo nulla di così eclatante in quanto sicuramente non ero stato l’unico ad aver pensato di fare una cosa simile.

Quella sera partii in largo anticipo e, inserito l’indirizzo sul navigatore, mantenni una velocità di crociera piuttosto bassa rispetto agli standard in modo tale da fare più attenzione a non sbagliare strada. Strada che, inevitabilmente, sbagliai a più riprese.
Durante il tragitto feci tutto quello che si fa di solito prima di andare ad un concerto: si mette il disco dell’artista che si va a sentire e lo si canta allegramente in compagnia; con la differenza che quest’ultima non era a mia disposizione. 

Continuavo a pensare: ma non è il caso che mi faccia indietro? Non è meglio lasciar perdere e andarci un’altra volta, magari con qualcuno disposto a venire insieme? Ma man mano che avanzavo e mi avvicinavo al locale, canticchiando distrattamente per poter seguire al meglio il navigatore, queste paranoie vennero meno fino a scomparire del tutto. Alla fine conclusi che una volta arrivato, sarebbe stato ancora più stupido se mi fossi tirato indietro. Più di quanto non mi sentivo già nel fare tutto questo. 

Dopo aver imboccato diverse volte un’uscita sbagliata (c’è da ammettere che il locale in questione è davvero nascosto e non c’è una strada chiara o delle indicazioni tali ad agevolarne il compito) arrivo a destinazione. All'ingresso del parcheggio c’è un tizio con la faccia visibilmente annoiata che mi chiede dei soldi per il parcheggio. Un gesto quasi involontario mi spinse a girarmi indietro, come se dovessi chiedere di fare la coletta per poter dare l’offerta, ma mi frenai subito riprendendo la mia lucidità, porgendo due euro al tizio. Non avrei potuto esimermi da tutto ciò, in quanto se l’avessi fatto, avrei dovuto affrontare una possibile brutta reazione da parte del brutto ceffo che, in quanto solo, sarebbe stata difficile da gestire. Parcheggiai con cura l’auto, mi fermai un secondo per sistemarmi e controllare bene avessi tutto il necessario e rimasi un altro po’ nella vettura per far caricare il cellulare per un’eccessiva prudenza. 

Superato il parcheggio, salutai velocemente i bodyguard all’ingresso e mi avviai verso l’interno del locale.  Il buttafuori addetto all’entrata nello spazio antecedente al palco, mi chiese di esibire il biglietto. Glielo porsi e, mentre ne strappava la parte riservata a loro, con aria curiosa quanto maliziosa, come se stessi facendo qualcosa di anomalo, qualcosa di non ordinario, come se fossi in difetto, mi chiese <<Solo?>>. 
Feci un cenno con la testa un po’ infastidito dalla sua invadenza. Lui mi sorrise e mi restituì la restante parte del biglietto.      

Una volta entrato, cominciarono a balenarmi in testa diverse domande: adesso che faccio? Prendo un birra e mi siedo? Aspetto che qualcuno attacchi bottone? Cosa avrei fatto se non fossi stato solo? Vado direttamente a prendere posto vicino al palco e faccio finta di niente? 
Provai a guardarmi attorno. Cercavo qualcuno che fosse nella mia stessa situazione. Qualcuno che avvertisse il mio stesso disagio. Ma non vidi nulla di tutto ciò. Guardai più attentamente, cercando di ambientarmi e fu allora che tirai un bel sospiro di sollievo: vidi una faccia amica. Mi avvicinai con la stessa piacevolezza di quando arriva qualcuno che aspettiamo da tempo ad un appuntamento. Scambiai delle parole voraci, distratte e confuse riguardo il concerto, il come mai non ci fossimo organizzati per venire assieme. Lui me l’aveva detto che sarebbe venuto, a me era passato di mente, o forse no. O più semplicemente non volevo dar rogne a nessuno.

Fatto sta che l’aver trovato qualcuno che condividesse il mio stesso interesse, qualcuno con cui stare, a cui potessi accollarmi, mi diede un enorme sollievo. Col tempo capii che quella mia sensazione di disagio non era dettata dal fatto che dovessi assistere ad un concerto da solo facendo la figura dall'ebete, ma che il motivo di questa mia sottile agonia fosse ancora più profondo e, probabilmente, più banale e patetico. Avevo bisogno di avere un qualcuno sul quale appoggiarmi, a cui fare riferimento nel caso mi accadesse qualcosa di spiacevole. Più semplicemente, pensai che l’aver qualcuno nei paraggi che mi conoscesse, mi faceva stare molto più tranquillo e sereno, facendo si che potessi godermi il concerto con più spensieratezza. 

Presi una birra e dopo aver continuato a chiacchierare un altro po’, mi recai in una sala dove c’era un contest di band emergenti. Pensai che per chi come loro si prestava a montare e smontare l’attrezzatura, viaggiare in lungo e in largo per esibirsi, provare e riprovare i brani da eseguire, e tutto ciò che di faticoso ci sia dietro a quel loro mondo, bisognava avere una forte passione nei confronti della musica. La stessa, più in generale, passione (follia) che aveva spinto me a fare di tutto per esserci a quel concerto. 
Mi venne in mente un passaggio del saggio “Elogio alla follia” di Erasmo da Rotterdam che riporto qui di seguito:   

-Osservate con quanta previdenza la natura madre del genere umano ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell'uomo più passione che ragione perché fosse tutto meno triste. Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri, dissennati, godrebbero felici di un'eterna 
giovinezza-


Rileggendo adesso questo tratto, riesco a dare "un'immagine” a queste parole. Come se mi fossero tutte molto più chiare. Sostanzialmente, a piedi di quel palco dove si stavano esibendo quei ragazzi con la loro musica che facevano di tutto per piacere a qualcuno di importante, pensai che non avrei mai fatto tutti gli sforzi che avevano compiuto, per esibirmi quei scarsi venti minuti a loro concessi, ma che, con tutta probabilità, loro non farebbero mai tutti gli sforzi che faccio io per fare quello che più mi piace e così via. Ognuno, mosso da un irrefrenabile passione personale e soggettiva, compie determinate azioni che nessun altro al posto suo farebbe. Ma è importante che si compiano, che ognuno faccia quello che vuole seguendo le proprie passioni. 

Mi spostai nella sala dove si sarebbe svolto il concerto. Ero lì ed ero contento di esserci. D’un tratto tutti i pensieri cupi che mi assalirono nei momenti antecedenti, svanirono. L’artista fece il suo ingresso e cominciò a condividere la sua musica. La sala non era pienissima. A dirla tutta non c’era molta gente. Non quanto ci si possa aspettare ad un concerto in una sala di una portata del genere, ma fu particolare e intrigante anche per questo. Come se grazie ai “pochi” fan accorsi, l’atmosfera acquisisse quel nonché di intimo che non guastò per niente l’ambiente circostante. Anzi, che contribuì a migliorarlo, a renderlo più autentico.

Mentre cantavo, ballavo e in puerile spensieratezza assistevo al concerto, non riuscii a fare a meno di guardarmi intorno. C’erano ragazzi della mia età, alcuni un po’ più grandi e alcuni anche oltre i quaranta. 
La mia attenzione fu attratta da due innamorati di fianco a me. Si stringevano amabilmente mentre cantavano e si lasciavano andare a lunghi baci gentili e indiscreti. Erano due bellissime ragazze. 
Più in là, c’era una coppia difficile da non notare. Lui era altissimo, lei di un altezza normale. Mentre lui faceva di tutto per andare a tempo e non saltare nemmeno una parola tenendo la sua partner stretta a sé, lei era visibilmente provata. Le lacrime di gioia, emozione, intrinseche dei pensieri che le scaturivano, riuscirono a farmi impressionare. Non che fosse inusuale piangere ad un concerto, ma il modo in cui lo faceva, quel volto trasudato di sentimento, scaturiva in me un particolare tipo di commozione che con molta difficoltà dimenticherò. 

Il concerto proseguì alla grande. “Reagisce bene il mio sistema emozionale” si sentiva cantare dagli spalti. Benché tutto fece pensare ad un’affermazione, io me la posi come domanda. Intorno a me, e con me, c’era gente che provava delle emozioni, probabilmente le stesse che provavo io, seppur in maniera differente con diverse tonalità e sfumature, nell'ascoltare la propria musica preferita. 

Avanti, dietro, di fianco e con me c’era gente che era accorsa lì per lo stesso motivo per il quale c’ero anch'io. Ascoltavo la musica che tanto mi piaceva e mi lasciavo andare alle sensazioni che ne scaturiva.
In quella sala, in quel preciso momento, c'ero io, c'erano loro, era presente la mia musica e tutta quella particolare intimità che si era creata.
Ad un tratto, non mi sentivo più poi così tanto solo.        
 

Copertina dell'album "Un Meraviglio Declino" di Colapesce


Della rubrica "Storie di Straordinaria quotidianità" leggi anche:


Storia di un eroe di cui nessuno parlerà

Inadatta: testimonianza di una baby-squillo