mercoledì 22 luglio 2015

Sbronza Mnemonica

La rubrica “Storie di Straordinaria Quotidianità“ contiene racconti inventati ispirati alla gente comune e alla vita di tutti i giorni.

Studi recenti hanno affermato che assumere una copiosa quantità di alcool rende difficoltoso il lavoro della zona del cervello che si occupa di immagazzinare i ricordi.
Quindi è possibile che, dopo una serata passata a sbronzarci, non si possa ricordare cosa si è fatto, ed avere come ultimo ricordo quello di aver alzato un po’ troppo il gomito.
Nulla di cui preoccuparsi. Ma possono insorgere dei problemi se ti ritrovi con una persona apparentemente sconosciuta, in un posto a te estraneo e senza avere la minima idea di come tu abbia fatto a ritrovarti in quella situazione. 

“Sbronza Mnemonica”


Quando mi alzai avevo un mal di testa incredibile, i capelli scompigliati e l’odore di sigaretta che mi intossicava i sensi.

La prima cosa che vidi era questa ragazza seduta sul bordo della finestra con indosso solo le mutande. 
La visione del suo seno accelerò il mio processo di risveglio. A fumare era lei. Si accorse del fatto che mi fossi svegliato. Fece un ultimo tiro alla sua Marlboro e scese dal bordo.


<<Che cazzo fai? Volevi buttarti giù?>> esordii mentre cercavo i miei vestiti tra un cuscino e l’altro.

<<Guarda idiota che la finestra affaccia sulla scala antincendio. Secondo te rischio di cadere sedendomi sul bordo di una finestra senza nulla sotto? Per chi mi hai presa? Non ho mica manie suicide io!>>
Era proprio una bella ragazza e date le circostanze mi sembrava corretto pensare che fossi andato a letto con lei. Ma non ricordavo molto della sera precedente.
Quello che mi rimane nella mia testa sgangherata è che mi trovavo in un locale piuttosto affollato, quando una tipa mi sbatte contro, per poi chiedermi una sigaretta. Io le dissi che non le avevo e lei cominciò ad inveirmi contro. Poi mi ritrovai nel suo letto. Spero sia stata una bella nottata- pensai. Peccato che non ricordi molto. Anzi a dire il vero non ricordo un bel niente.

Scesi dal letto e subito glielo domandai <<Beh… si insomma… abbiamo fatto sesso vero?>>

<<Assolutamente no! Ci siamo conosciuti ieri sera e francamente non ho una bella opinione di te visto com’eri conciato>>
<<Vorresti dirmi che non l’abbiamo fatto? Cioè scusami… abbiamo condiviso lo stesso letto, siamo entrambi rimasti in mutande, e vorresti dirmi che non l’abbiamo fatto, ma che soprattutto io non ci abbia provato? 
Non ti credo. E’ impossibile>>
<<Allora adesso ti dai una calmata. Eri ubriaco fradicio. Mi facevi pena. Si dia il caso che ieri sera al locale i tuoi amici e le tue amichette del cazzo se la svignarono. Eri sul marciapiede fuori al freddo e non ti reggevi in piedi. Io abito a pochi metri e ho ben pensato, e adesso credo sia stata una pessima idea, di farti stare da me per la notte, visto che eri proprio in una condizione a dir poco pietosa. Dovresti ringraziarmi!>><<Beh si, ma è assurdo! Ricordo di aver bevuto tanto, ma non avevi voglia di farlo? Mi hai portato da te e si insomma comunque sono senza vestiti e tu anche>>.

A quel punto con un gesto di stizza si rimise il reggiseno e cominciò a vestirsi.

<<Va bene ora? La finisci di dire che sono senza vestiti o non hai mai visto un paio di tette?>>
<<Certo che le ho viste. Scusami, ma questa situazione ha dello straordinario. 
Vorresti dirmi che non abbiamo fatto proprio nulla? Non mi hai fatto nemmeno… si insomma: ci siamo capiti no?>> mentre le parlavo imitai un rapporto orale.
<<Ancora? No… assolutamente no. Nulla di nulla. Nemmeno quello! Perché avrei dovuto? Non lo faccio mica con il primo che mi capita a tiro. Soprattutto il sesso orale per me è importante. E lo pratico solo con chi penso possa meritarlo>> poi continuo marcando quel suo tono fastidioso 
<<Ti ho portato qui. Ti sei levato a fatica i vestiti, sei rimasto in mutande e sei crollato sul letto. Non una parola, non un ringraziamento. Niente. Fine della storia>>

<<Ah bene! Peccato! Mi sarebbe piaciuto farlo con te!>>

<<Ma se non ti reggevi in piedi. A mio avviso non ti si sarebbe rizzato neanche>>
Poi continuò con aria scocciata 
<<Mettila su questo piano: hai evitato di fare una magra figura. Per fortuna sono una tipa tollerante!>>
<<Beh adesso potremmo rimediare… >>
<<Guarda non ne ho proprio voglia! Ieri sera ho perso anche un anello a cui sono molto affezionata. 
Sai… un regalo di mia madre>>
<<Mmh…ricordi quando l’hai notato l’ultima volta? Quando l’avevi ancora al dito?
<<Si, ero al pub a chiedere da bere. Il barista si è complimentato per l’eleganza della mia mano. 
Cazzate! Voleva semplicemente provarci e non trovava un modo più intelligente per farlo>>
<<Bisognerebbe cercarlo lì. Ma prima facciamo sesso! Ho una voglia matta di farlo con te>>.


A quel punto lei si avvicinò con fare accattivante e prendendomi le mani se le porto al suo seno. Mentre mi lasciai trasportare dalla goliardia della situazione mi sussurrò porgendo il labbro vicino l’orecchio 

<<Trovami l’anello e sarò tua!>>
A quel punto lei si divincolò e pensai che non dovesse essere difficile ritrovarle l’anello. Sarebbe bastato andare al locale e chiedere un po’ in giro. Non avevo nulla da perdere. 
<<Ritroverò ciò che è tuo. Ma non dovrai tirarti indietro!>>
Poi lei si accese un’altra sigaretta e andò ad occupare il suo posto, lì sulla finestra. 
Infine mi disse
<<Stai tranquillo. Ti aspetto qui!>>.


Quella mattina faceva molto caldo. Io ero conciato in maniera troppo elegante. I miei abiti disturbavano un’ambientazione casual di un venerdì mattina di una città qualsiasi.

Raggiunsi in fretta il locale che aveva l’ingresso principale sbarrato, ma quello sul retro semichiuso.
Erano a pulire e a preparare il tutto per la notte. Entrai senza esitazioni. Una dello staff che stava sistemando i tavoli mi rivolse la parola <<Sei quello nuovo? Vai nello spogliatoio a cambiarti. Qui c’è da lavorare! Sei in un ritardo spaventoso! Per fortuna il titolare non è ancora arrivato.>>
<<Ehm no… in realtà sono qui per salutare il barista!>> risposi timidamente.
<<Non ci credo! Un altro! Ma vi piace così tanto?>> proseguì lei. 
Io feci un cenno del capo, ma non era di assenso. Anche se è quello che probabilmente lei percepì. Mi avviai verso il bancone e continuavo a pensare alla strana risposta che quella dello staff mi aveva profilato, e al commento eccentrico alludendo al barista. 

Quest’ultimo era un tipo palestrato, calvo con un orecchino stravagante all'orecchio destro. Indossava una t-shirt di taglia più stretta della sua e dei jeans alla moda. Era a pulire i bicchieri tra le altre cose e sfoggiava un sorriso sgargiante.
<<Ciao bello! Posso fare qualcosa per te?>> esordì lui.
<<Ehm si… cioè in realtà non so come dire…>>
<<Porca miseria! Non ti ho lasciato il numero. Mi devi scusare! Spero che tu sia stato bene ieri con me!>> rispose istintivamente lui.
Cominciai a capire il malinteso e adesso le parole della sua collega assumevano un senso.
A quel punto mi affrettai a spiegare la situazione e cosa ci facessi lì, senza esitazioni
<<Ehm no… Guarda: chiariamoci. Non siamo stati insieme. Sono qui perché ieri sera una mia amica ha perso un anello e l’ultima volta che si ricorda di averlo notato era proprio qui seduta al banco a parlare con te. Stando a quanto dice lei, avevi fatto un apprezzamento sulla sua mano>>
<<Non ricordo di aver parlato con una ragazza dicendo queste cose. Ma voglio cercare di aiutarti. Dimmi di questo anello. Com’è fatto?>>
<<Beh… in realtà non saprei. Credevo che bastasse sapere cosa fosse successo o che comunque mi avresti saputo aiutare a prescindere>>
<<Mmm… c’è qualcosa che posso fare per te. Forse posso aiutarti. Seguimi!>>.


Presi a seguirlo senza esitazioni. Ma indubbiamente, c’erano una serie di dettagli che avevo trascurato. Ero a cercare un anello, quindi un oggetto minuscolo, in un grande locale al centro della città, dopo una notte burrascosa e senza avere la più pallida idea di come fosse fatto. Non avevo nulla dalla mia, ma per come si stavano mettendo le cose, avevo buone speranze di riuscire nel mio intento.

<<Di qua>> mi fece segno il ragazzone palestrato addetto al bar. 
Entrai in uno stanzino dove c’erano tutte le divise dello staff e vari armadietti.
<<Allora dolcezza… adesso ci divertiamo un po’>> esordì lui mettendomi le mani addosso cominciando dal petto, abbracciandomi da dietro.
A quel punto mi divincolai e nervosamente cominciai ad alzare la voce <<Ma che diavolo stai facendo? Ti sei impazzito? Sai dove questo anello o no?>>
<<Calma amico. Lasciati andare un po’. Dopo cerchiamo questo anello. Se ti agiti ti vengono le rughe e rovini quel tuo bel visino>>

Non potevo crederci. Quel tizio stava cercando di rimorchiarmi. Ad un tratto la mia mente divenne più lucida e mentre guardavo il barista che mi rivolgeva sorrisi da ebete e cercava di adularmi, mi resi conto che tutto quello che stessi facendo era un enorme stronzata. Le probabilità che io trovassi quell'anello erano quasi pari a zero. Se fosse stato perso davvero in quel locale, c’era un’alta probabilità che qualcun altro se ne fosse impossessato. E inoltre una delle certezze è che quell’energumeno così vivace ne sapesse ben poco. Decisi di mandare al diavolo tutto.
<<Levati dai coglioni!>> con fare adirato mi rivolsi al barista e senza dare importanza al commento sardonico su quello che avessi fatto nello spogliatoio della sua collega incrociata prima, imboccai la strada per uscire da quel locale di matti.


Abbandonai l’ipotesi di portarmi a letto la tipa che mi aveva “gentilmente” ospitato, ma quantomeno era doveroso passare a salutarla. Anche perché le avevo lasciato alcune cose. 

Salii e lei era solo in mutande con il suo fare da diva a fumare, ma questa volta appoggiata allo schienale del letto. Di sicuro ci sapeva fare e la sua carica erotica mi travolgeva senza poter far nulla. Aveva un bel seno e non perdeva occasione per metterlo in mostra e far uscire il vil maschio presente dentro di me.
<<Allora? Il mio bellissimo anello?>> esordì lei con fare gioioso quasi sorridendo.
<<Niente. Non l’ho trovato e come se non bastasse ho dovuto assorbirmi il barista che ci ha provato sfacciatamente! Prendo le mie cose e vado via!>>.


A quel punto lei cominciò a ridere a crepapelle. Spense la sigaretta e si avvicinò continuando a ridere. Quasi singhiozzava.
<<Voi maschi siete proprio degli inetti! Fareste di tutto per una scopata. Persino trovare un anello mai esistito, che non è mai stato perso, in un locale sperduto!>>

Mentre parlava continuava a ridere sguaiatamente. Pareva si stesse soffocando. Io persi le parole. Non sapevo cosa dire; mi aveva soggiogato alla grande. Non solo mi aveva convinto a fare qualcosa per lei, ma quella cosa non era nemmeno attuabile.
<<Scommetto che sapevi anche che il barista fosse gay!>>
<<Ah no. Quello no. Non sono così calcolatrice! Certo: avresti potuto concederti visto che c’eri! Da quel che ricordo mi sembrava un bel tipo. Ma sei sicuro che hai cercato bene? Magari l’anello ce l’aveva lui. Avresti dovuto cercare più a fondo! Sembrava propenso a darti una mano>> continuò lei tra una risata e l’altra. La situazione stava diventando insopportabile. Cominciavo a sentirmi umiliato. 



Presi le mie ultime cose lasciate sul comodino. Mi accesi una sigaretta (una delle sue) e mi apprestai ad uscire. Lei calmatasi, smise di ridere e tornò per un attimo seria <<Hey bello! C’è dell’altro!>> mi disse attendendosi una risposta. Aprii la porta per uscire, ma mi girai verso di lei lasciandomi andare ad un breve cenno come per dire <<Sarebbe…?>>

<<Beh… in realtà ieri abbiamo scopato. Ma stamattina quando me l’hai chiesto, dandomi prova che non ricordavi nulla, ho pensato bene di divertirmi un po’ inventandomi la storia dell’anello, approfittando del tuo ingente desiderio di portarmi a letto!>> continuò lei <<A volte mi sembra che non ragionate. Cosa pensi ti abbia portato a fare da me? Per scaldarmi il letto soltanto? Pensi che faccia opere di carità salvandoti dalla strada mentre i tuoi amici sono via e sei ubriaco perso? Delle volte la gente crede che qualcuno possa fare qualcosa per loro senza nulla in cambio. Solo per bontà. Per assurda generosità che uno sconosciuto debba avere nei nostri confronti; come se fosse un’abilità innata che noi essere umani dobbiamo avere. Ma non è così. Qui ognuno mette davanti il proprio ego. Ognuno pensa prima a se stesso. Quando qualcuno fa qualcosa per gli altri, la fa per se stesso. Raramente accade il contrario!>> terminò il suo monologo.


Mi soffermai un momento. Pensai che, seppur in parte, avesse detto qualcosa di intelligente e che il suo sofisma fosse concreto, quanto brutale. Aveva ragione per me, ma l’umiliazione che mi aveva inflitto poc’anzi mi impediva di elaborare un’ opinione lucida e quantomeno una risposta. Mi lasciai andare ad un lungo sospiro. Poi uscii dalla porta e percorsi di fretta le scale. Uscito dal portone sentì gridare dall’alto <<Idiota! Idiota sono qui!>> era lei che sbraitava dalla sua finestra. Ebbene si: l’idiota a cui si riferiva ero io. Presi ad urlare anch’io rivolgendomi a lei <<Cosa c’è?!?! Ho dimenticato qualcosa?>> e lei sempre urlando <<No! Volevo dirti solo che ieri notte te l’ho anche fatto!>> 

<<Cosa?>> risposi incuriosito io. 
<<Eh… Buonanotte!>> mi rispose chiudendo la finestra e buttando giù un mozzicone di sigaretta che probabilmente mi distrasse, tanto da non farmi capire a cosa stesse alludendo.


Ma più tardi, pur forzandomi, non lo capii comunque. 

Giurai a me stesso che non avrei più bevuto così tanto per potere evitare certe figure in futuro.
La settimana dopo, puntualmente, non mantenni la promessa.
Ma per fortuna mi ritrovai nel letto di casa.



Della rubrica "Storie di Straordinaria quotidianità" leggi anche:






Storia di un eroe di cui nessuno parlerà


domenica 12 luglio 2015

“-Hipster- o –Non Hipster-: questo è il dilemma!”

 La rubrica Riflettendo affronta una vasta gamma di argomenti. Nasce con il semplice scopo di offrire degli spunti di riflessione.

Incuriosito dall’aspetto intraprendente di diversi tizi dalla barba folta e dall’outfit originale, non appena incrociatone uno, domandai a chi mi stava di fianco a quale moda del momento appartenesse quel modo di vestirsi. 
Imbavagliato dalla sua sciatteria, e forse da un briciolo di ignoranza e pregiudizio, mi rispose 
<<Non lo vedi? Quello è un hipster!>>
<<Ma basta farsi crescere la barba?>> domandai nuovamente.
<<Mah non saprei! Forse si, forse no. Certo è indispensabile!>>
Non molto convinto dalla sua risposta e incuriosito molto dal fenomeno, decisi di approfondire la questione. 
Quindi mi avvicinai al tizio dalla barba lunga e dall'atteggiamento risoluto e gli domandai 
<<Ciao! Tu sei un Hipster?>>
La sua risposta fu fredda, quanto eloquente 
<<No che non lo sono!>


“-Hipster- o –Non Hipster-: questo è il dilemma!”

Non me ne vorrà il grande W. Shakespeare se stravolgo una delle sue frasi più celebri del mondo letterario di sempre, ma mi sembrava opportuno utilizzare queste sue parole per approcciarmi alla cosiddetta categoria di cui se n’è parlato, se ne parla e, con tutta probabilità, se ne parlerà ancora per molto.

“E sentirci diversi, creativi, speciali tutto tranne normali, tutto tranne normali” è una delle frasi di una canzone di un gruppo musicale romano che, a quanto pare, piace(va) tanto alla categoria (E molto probabilmente mentre sto scrivendo, non piaceranno più o saranno passati di moda, non venendo più ascoltati. Magari perché hanno superato il limite consentito di persone che li possa conoscere).

Sembra racchiudere la filosofia del fenomeno attuale che ha le sue origini negli anni  ‘40  e che man mano ha preso piede nella società odierna evolvendosi pian piano, cambiando il significato. Originariamente il termine Hipster veniva utilizzato per indicare gli appassionati di jazz che cercavano di emulare i portenti jazzisti afroamericani. Con il passare del tempo, si sono definiti  “Hipster“  quegli individui che cercano assiduamente di essere- a loro modo- originali, che provano a distinguersi, a non essere paragonati da quelli che definiremmo “tutti gli altri”. E qualcuno crede che basti farsi crescere la barba. 


Sono alla ricerca costante e assidua di tutto ciò che riuscirebbe a non farli catalogare. Indossando una maglietta con stampa personalizzata, ascoltando gruppi musicali completamente sconosciuti al contesto in cui si trovano, facendo molta attenzione alle avanguardie tecnologiche, o più semplicemente denigrando e ritenendo super
ficiale tutto ciò che è accessibile a tutti, che piace alla “massa“ e di facile condivisione.   

-Cercare di non essere nessuno per essere qualcuno-

Un paradosso interessante quanto accattivante. Come se annullare determinati cliché, usi e costumi; come se annullarsi possa servire ad essere qualcuno, ad avere una propria identità. Principalmente, a distinguersi.

 Ovviamente possiamo ricercare dei fattori costanti che facciano di qualcuno un hipster che possono andare dall’aspetto fisico o dal modo di fare, dal modo di comportarsi e via discorrendo, ma dato che c’è la possibilità di infilarsi in un tunnel senza uscita- non avendo delle basi oggettive ed essendo facilmente contestabili- ci si limita ad avanzare degli esempi e a fare delle ipotesi.

Prendiamo le scelte musicali. Va bene essere molto selettivi e  ben attenti a decidere quale gruppo o nuovo portento dobbiamo e vogliamo ascoltare. Magari si scopre un nuovo brano che piace molto, lo si ascolta fino alla noia per poi privarsene come fosse il pesciolino rosso che una volta morto viene sostituito dalla mamma a nostra insaputa, fino addirittura a denigrare lo stesso brano, magari negando di averlo ascoltato con piacere.

Ma per quale motivo non farsi piacere più una canzone che tanto abbiamo amato e che può avere segnato la nostra vita solo perché è passata in radio, o non rientra più nei criteri per i quali possiamo ascoltarla e dire al mondo che è di nostro gradimento (magari perché è diventata nel frattempo accessibile a tutti)?

Se mi permettete il paragone, è come per la maggior parte dei francesi che non utilizzano il bidet, pur sapendo che contribuirebbe molto alla loro igiene, solo perché non sono stati educati a farlo.
Quando poi viene chiesto loro la motivazione che non li porta a usufruirne non sanno dare una minima risposta. Loro sanno che, pur esistendo questo fantomatico bidet, per loro non deve esistere e questo gli basta per decidere che non ne hanno bisogno.



Il risultato di questo agglomerato di ideologie e confusi criteri di categorizzazione fanno si che la parola “hipster”, ai giorni nostri, è spesso utilizzata (forse strausata) anche quando non si dovrebbe. E’ giusto pensare che la moda del momento abbia portato a sollevarne la questione, ma non è in discussione che ci sia gente che ha questo stile di vita da sempre.

Di tutte le persone che vengono definite hipster (che con la stessa determinazione di un avvocato divorzista che cerca di vincere una causa, negano assolutamente di esserlo, ed questo- a quanto pare- uno dei criteri per il quale gli altri si sentono autorizzati a definirli tali) ci sono quelli che lo fanno per moda, e come tutte le mode, passerà e si maschereranno con l’ennesimo ultimo trend del momento; quelli che lo sono da sempre e non hanno mai avuto il bisogno di definirsi, ma hanno fatto sempre e solo quello che gli andava di fare; quelli che provano ad esserlo per curiosità e poi si scocciano; quelli che decidono di farsi crescere una barba folta e capricciosa giusto per cambiare, e vengono etichettati senza poter far nulla; quelli che vivono di identità senza personalità e hanno bisogno di appartenere, di essere parte di un gruppo e lo fanno attraverso questi marchingegni; quelli che lo sono e basta; quelli che sono questo e molto altro e potremmo continuare all’infinito.
Il confine tra moda del momento e- più semplicemente- un modo di essere, è molto labile.


Non ci vuole nulla a prendere lo stile di vita di qualcuno (che magari se ne sta per conto suo) e fare di questo il trend da seguire. Non ci vuole nulla ad essere quello che non si è, a camuffarci per sentirci apprezzati, per riuscire a stare al mondo, ma perfino in questo caso la semplice quanto brillante filosofia del “Vivere e lascia vivere” mi sembra una giusta soluzione. O quantomeno, quella facilmente applicabile. Tutto il resto sono solo teorie noiose trite a ritrite sulla moda e chi è tanto intelligente (o ingenuo) da seguirla.

In definitiva, per essere hipster basterebbe: farsi crescere la barba, ascoltare nuovi gruppi emergenti ancor prima che abbiano prodotto qualcosa di accessibile a tutti, vestirsi a modo, avere una qualche tendenza velleitaria ed artistica, negare assolutamente di esserlo e non fare nulla di tutto quello appena citato.


Anche perché, da quel che mi è parso di capire, alla fine dei giochi gli hipster non esistono.
E se esistono, non sanno di esistere.








Della rubrica "Riflettendo" leggi anche:



Amore che amor non è mai





"L'intervista ad una ragazza stupenda che crede di non esserlo"